India e Pakistan battono Italia su processi lenti: dura da 68 anni

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Giugno 2016 - 05:45 OLTRE 6 MESI FA
India e Pakistan battono Italia su processi lenti: dura da 68 anni

India e Pakistan battono Italia su processi lenti: dura da 68 anni

ROMA – L’Italia è nota per la lentezza del proprio sistema giudiziario. Se si ricorre al tribunale, possono anche trascorrere dieci anni prima di arrivare a una soluzione. A quanto pare però, il primato per una delle cause più lunghe della storia lo detengono India e Pakistan, dove va avanti da 68 anni una causa da 45 milioni di euro depositati in un conto bancario NatWest.

Il settimo Nizam di Hyderabad, un maharajah dalla favolosa ricchezza, depositò un milione di sterline a Londra mentre sceglieva a quale delle due nazioni unirsi dopo la partizione.

Come governatore musulmano di un territorio indiano grande quanto l’Inghilterra e la Scozia insieme, era attratto dall’idea di unirsi al nuovo Stato del Pakistan. Ma l’Hyderabad era senza sbocchi sul mare e lontano migliaia di chilometri dallo Stato Islamico e questo creava non pochi problemi.

Nel 1948, mentre il Nizam tentennava, il suo ministro delle finanze firmò per un conto bancario NatWest dell’Alto Commissariato del Pakistan a Londra. Sgomento e sotto pressione dall’India, il Nizam chiese alla banca di congelare la transazione. Poco dopo, nel settembre del 1948, le truppe indiane annessero Hyderabad.

Con gli interessi, la somma detenuta da NatWest è attualmente pari a 45 milioni e i governi di India e Pakistan da allora stanno combattendo per il bottino. L’impasse sviluppato con il tentativo del Nizam di rimanere indipendente fallì, il suo esercito si arrese e il suo principato venne annesso all’India due giorni prima del trasferimento del contante.

Il Nizam, poco dopo, provò a invertire il trasferimento sostenendo che era stato fatto senza la sua autorità, ma la banca rifiutò, ritenendo che la proprietà legale dei contenuti del conto era dubbia.

La disputa fra India e Pakista continuava mentre il bottino continuava a crescere. Nel 1957, dopo diverse discussioni fra il Nizam e il governo del Pakistan, il caso ha raggiunto la Corte dei Conti inglese, che ha stabilito che il conto potrà essere scongelato solo con l’accordo di entrambe le parti.

Il pasticcio legale è andato avanti anche per la promiscuità del Nizam, che sembra abbia ingravidato 86 delle sue amanti, che hanno dato vita a più di 100 figli illegittimi e uno sterminato numero di rivali in lotta per l’eredità.

Un musulmano devoto, un uomo fragile, il Nizam viene descritto come un avaro che per 35 anni indossò sempre lo stesso pigiama e un fez stracciato, lasciando arrugginire camion carichi di oro e perle che, si dice, fossero così tante da poter riempire più stanze del palazzo.

La trama si infittì ulteriormente quando l’ottavo Nizam, Sua Altezza il Principe Eccelso Mukkaram Jah, succeduto al titolo nel 1967, insieme al fratello minore, cominciarono a pretendere il denaro. Alle pretese dell’ottavo Nizam si aggiunsero anche quelle dei membri della famiglia del settimo, che aveva 150 figli illegittimi e le già citate 86 amanti, oltre a 49 concubine.

In tempi più recenti, il Pakistan ha fatto causa alla propria Commissione a Londra, cercando una Corte Suprema che possa arbitrare la disputa e dare una giusta destinazione al denaro. La controversia si terrà nella Corte Suprema di Londra. Dopo l’udienza preliminare, un giudice ha stabilito che l’India e il Pakistan hanno entrambi pretese discutibili circa il denaro e che meritano un’udienza completa.