IPhone: Fbi non può sbloccare 5s,6 e 6s. Solo i più vecchi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Aprile 2016 - 17:41 OLTRE 6 MESI FA
IPhone: Fbi non può sbloccare 5s,6 e 6s. Solo i più vecchi

IPhone: Fbi non può sbloccare 5s,6 e 6s. Solo i più vecchi (foto d’archivio Ansa)

WASHINGTON – L’Fbi non può sbloccare gli iPhone 6 e 6s, e nemmeno i 5s. Il Dipartimento della Giustizia è in grado di sbloccare solo alcuni iPhone di vecchia generazione. Jamey Comey, il numero uno dell’Fbi, interviene per la prima volta sullo sblocco dello smartphone Apple dopo che le autorità sono riuscite a entrare, tramite l’aiuto di un società esterna, nell’iPhone del killer di San Bernardino.

“Abbiamo uno strumento che funziona solo su una piccola parte di iPhone” non sui modelli più nuovi dall’iPhone 5 in poi, afferma Comey, sottolineando che “l’Fbi e’ brava a mantenere i segreti. Delle persone da cui abbiamo preso” lo strumento per sbloccare l’iPhone “so molte cose e sono fiducioso che sono molto bravi a proteggere cosa sanno”.

I Paesi europei non utilizzano tutti i mezzi messi a disposizione dagli Usa nella lotta al terrorismo: lo sostiene in una intervista alla CnnChristopher Piehota, direttore del centro di monitoraggio del terrorismo dell’Fbi, che gestisce la banca dati per identificare possibili sospetti. Una circostanza preoccupante, secondo Piehota. “Noi forniamo loro dati, forniamo loro supporto, e direi che è preoccupante che non utilizzino questi strumenti per contribuire al monitoraggio nell’interesse della loro stessa sicurezza aerea, marittima, frontaliera, di visti e di altro che riguardi i viaggi”. Il dirigente ha ricordato che gli Usa condividono le loro ‘watch list’ con i Paesi europei ma che i Paesi europei non le usano sistematicamente per identificare i sospetti terroristi o per monitorare l’arrivo dei migranti.

A differenza degli Stati Uniti, la Ue non dispone di una banca data centrale anti terrorismo e ogni Paese mantiene la sua watch list con standard differenti, un ostacolo aggravato dal fatto che non ci sono controlli di frontiera all’interno della zona Schengen. La differenza si è vista in occasione degli attentati a Parigi del 13 novembre 2015 e a Bruxelles del 22 marzo scorso. “Alcuni degli individui responsabili li conoscevamo”, ha ricordato Piehota. “Se fossero stati identificati adeguatamente, li si sarebbe potuti catturare”, quanto meno all’attraversamento del confine tra un Paese alleato e l’altro, cosa che entrambi fecero. La stessa ‘Cnn’ a suo tempo rese noto che due dei kamikaze all’opera nella capitale belga, i fratelli El Bakraoui, erano sulle liste statunitensi da tempo: uno, Ibrahim, persino da prima degli attacchi parigini e l’altro, Khalid, da poco dopo.