Iran/ Fra lapidazioni e impiccagioni il boia non si ferma

Nella Repubblica Islamica di Ahmadinejad la pena capitale non accenna a fermarsi. E questo nonostante la moratoria del 2002 a cui aveva aderito anche la magistratura iraniana e che prevedeva uno stop alle sentenze di morte per lapidazione.

A Rasht, una cittadina a nord del Paese, un uomo di trent’anni è stato infatti ucciso a colpi di pietre perché accusato di adulterio. L’episodio, che ha scandalizzato l’opinione internazionale, dall’Unione Europea ai gruppi che lottano per la tutela dei diritti umani, è accaduto durante il mese che in Iran termina il 20 marzo. Stando a quanto riferito in conferenza stampa dal portavoce dei magistrati Ali Reza Jamshidi, «la notizia della morte dell’uomo è vera, ma la donna coinvolta nel tradimento è riuscita a salvarsi perchè si è pentita».

Jamshidi ha anche difeso la gestione del caso di Delara Darabi, la ragazza di 23 anni giustiziata tramite impiccagione a Rasht perché uccise un cugino del padre quando aveva 17 anni. Secondo il quotidiano “Etemad” la donna aveva confessato nella speranza di poter essere perdonata perché all’epoca dei fatti era minorenne. Scontate le polemiche che si sono sollevate attorno al caso: come quella di Amnesty International, indignata anche perchè l’avvocato della giovane non era stato informato della decisione. «I giudici che hanno seguito il caso», ha riferito Jamshidi, «non hanno commesso errori di valutazione. La magistratura avrebbe preferito risolvere tutto con la pena carceraria qualora la famiglia della vittima fosse stata d’accordo».

Dal 2005 ad oggi anni, nonostante la moratoria, in Iran sono stati lapidati ben 5 uomini: tra cui due a dicembre 2008 e l’ultimo a marzo scorso.
La shari’a, ossia la legge coranica, ha trovato applicazione in Iran solo dopo la rivoluzione del 1979. Quella che trasformò la monarchia dell’allora Scià di Persia  in Repubblica Islamica dell’Iran.

Cristina Raschio
(Scuola Superiore di Giornalismo Luiss)