Isis. Maria Ivleva, seduta sulla bomba dell’aereo Metrojet

di Maria Elena Perrero
Pubblicato il 24 Novembre 2015 - 05:30 OLTRE 6 MESI FA
Isis. Maria Ivleva, seduta sulla bomba dell'aereo Metrojet

Maria Ivleva

ROMA – Maria Ivleva come Valeria Solesin, uccisa dai disperati del cosiddetto Stato Islamico. Maria ancora più giovane di Valeria: aveva quindici anni appena. E’ morta sul volo della compagnia russa low cost Metrojet decollato da Sharm el Sheikh in direzione di San Pietroburgo, dove non è mai arrivato, abbattuto dall’esplosivo dei terroristi.

Maria era andata in vacanza sul Mar Rosso insieme alla madre, Marina Ivleva, 44 anni. Al ritorno, sull’Aribus A321, al check-in le era stato assegnato il posto 31 A, in fondo all’aereo, sulla coda. Proprio sopra la bomba che ha fatto saltare in aria tutto, con i suoi 224 passeggeri russi a bordo.

La bomba, una lattina di Schweppes all’ananas imbottita di esplosivo, era stata probabilmente messa nello spazio sotto il sedile dove solitamente si trova il giubbotto di salvataggio. Era stata messa lì, dicono le indagini condotte finora, da uno degli addetti dell’aeroporto.

Anche Maria, come Valeria durante la sua serata al Bataclan, in quei giorni di ferie di fine ottobre voleva divertirsi. Mai si sarebbe aspettata che i pavidi terroristi del cosiddetto Stato Islamico, gente senza speranza e senza futuro nelle mani di qualche lotta di potere nel mondo musulmano, avessero deciso che proprio quel volo sarebbe saltato in aria per vendicare i morti in Siria, dicono.

Quando la lattina è esplosa, con la potenza di un chilo di tritolo, i sedili che si trovavano nella parte posteriore dell’aereo sono stati sbalzati con una furia inimmaginabile. L’aereo si è spezzato in due, precipitando nel vuoto in pochi secondi dai novemila metri di quota in cui si trovava.

La deflagrazione è stata talmente violenta che la polizia scientifica ha faticato a trovare l’esplosivo. Difficile anche trovare i resti delle vittime, sparsi in un raggio di decine di chilometri nell’arida penisola del Sinai.

Sui corpi dei morti, sul luogo dell’attentato, nessuno, ovviamente, è venuto a portare fiori. Solo dopo diversi giorni si è avuta la certezza di quel che da subito si temeva: nessun incidente, nessun guasto, nessun avaria ad un aereo troppo vecchio e che troppo aveva volato. Ad abbattere quel gigantesco uccello di lamiere erano stati, ancora una volta, i terroristi barbuti del sedicente califfato. Come a Parigi, come alla pizzeria Casa Nostra e alla sala da concerto Bataclan. Come per Valeria Solesin, così per Maria Ivleva.