Ministero della Difesa: "L'uranio non è causa di morte tra i militari in Iraq"

Pubblicato il 22 Maggio 2012 - 18:37 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L'uranio impoverito non sarebbe responsabile di casi di malattia e morte tra militari italiani: al rientro dalla missione in Iraq, i militari italiani avevano infatti in corpo quantita' di uranio impoverito inferiori a quelle pre-missioni. E' questa una delle conclusioni del progetto 'Signum', lo Studio di Impatto Genotossico nelle Unità Militari promosso dal Ministro della Difesa sui militari impegnati in Iraq nell'Operazione 'Antica Babilonia' nel 2004 e 2005, terminato l'anno scorso ma finora mai pubblicato dal dicastero.

Lo studio, cui ha partecipato anche l'Istituto superiore di sanita' e che ha coinvolto 982 militari, in sostanza 'sdogana' l'uranio impoverito quale responsabile delle malattie e morti sviluppate dai militari italiani mandati in missione all'estero e rileva invece che altri agenti, come cadmio e nichel, e vaccinazioni fatte in dosi massicce, potrebbero aver provocato dei danni nell'organismo dei soldati.

Nei soldati al termine della missione la quantita' di uranio impoverito nelle urine e nel sangue era diminuita, mentre erano aumentati i livelli di cadmio e nichel (cancerogeni riconosciuti) ed era cresciuto il danno ossidativo sul dna dei linfociti in chi svolgeva mansioni con impiego esterno, come pattugliatori, e in chi aveva subito 5 o piu' vaccinazioni o ricevuto vaccini vivi attenuati. Un fenomeno che, secondo lo studio, ''presumibilmente dipende da un fenomeno adattativo all'immunita' indotta dai cicli vaccinali, ma che dovrebbe essere ulteriormente approfondito, insieme al ruolo di altre variabili, quali stile di vita e condizioni di impiego operativo''.