Papa Francesco: tango, autobus, frutta e tè per cena

Pubblicato il 14 Marzo 2013 - 08:58| Aggiornato il 1 Ottobre 2022 OLTRE 6 MESI FA

CITTA’ DEL VATICANO – A Buenos Aires gira in autobus. Non vive nell’episcopato ma in un suo piccolo appartamento. Si prepara la cena da solo anche se la sera mangia poco o niente, un tè, della frutta. L’austerità di Jorge Mario Bergoglio, 76 anni e nuovo Papa con il nome Francesco I, in Argentina è già leggendaria. Quando Giovanni Paolo II lo fece cardinale il 21 febbraio 2001, i fedeli hanno anche preparato una colletta per fare festa ed accompagnare il suo viaggio a Roma, ma lui chiese loro di restare in Argentina e dare i soldi raccolti ai poveri, e a Roma festeggiò quasi da solo.

Come ricorda Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera, suo padre faceva il ferroviere. Si chiamava Mario come lui ed era un piemontese di Portacomaro, in provincia di Asti, emigrato a vent’anni in Argentina. Lui, Jorge Mario, è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, da ragazzo fece le pulizie in fabbrica e si diplomò come perito chimico prima di entrare, a 21 anni, nella Compagnia. Studi umanistici, laurea in Filosofia e poi in teologia, una tesi dottorale in Germania. A 37 anni era già “provinciale” e quindi superiore dei gesuiti in Argentina.

Scrive Gian Guido Vecchi:

È appassionato di tango, ma le origini italiane e piemontesi restano. Francesco si ricorda ancora il dialetto astigiano e conosce Rassa nostrana , «libera e testarda», il canto degli immigrati. Del resto oltre allo spagnolo e all’italiano parla inglese, francese, tedesco. Coltissimo e umile, parla duro se necessario, come quando pochi mesi fa, a novembre, deplorò il fariseismo di alcuni preti della sua diocesi: «Lo dico con dolore, se suona come una denuncia o un’offesa perdonatemi: nella nostra regione ecclesiastica ci sono presbiteri che non battezzano i bambini delle madri non sposate perché non sono stati concepiti nella santità del matrimonio».

Contro tale «sequestro» dei sacramenti, contro gli ipocriti che «allontanano il popolo di Dio dalla salvezza» («magari una ragazza che non ha voluto abortire si trova a pellegrinare di parrocchia in parrocchia, chiedendo che qualcuno le battezzi il bimbo») le parole di quell’omelia suonano oggi fondamentali dopo un Conclave che ha avuto al centro la nuova evangelizzazione: «Gesù non fece proselitismo: lui accompagnò. E le conversioni che provocava avvenivano precisamente per questa sua sollecitudine a accompagnare che ci rende fratelli, che ci rende figli, e non soci di una Ong o proseliti di una multinazionale».