Pena morte. Amnesty, tante esecuzioni per guerra alla droga

Pubblicato il 10 Ottobre 2015 - 17:42 OLTRE 6 MESI FA
Impiccagione

Impiccagione

ROMA – Almeno 11 Paesi in tutto il mondo hanno emesso condanne capitali per reati legati alla droga nel corso degli ultimi due anni, mentre decine di stati mantengono la pena di morte per questi reati. “È sconfortante – afferma Chiara Sangiorgio, esperta di Amnesty International sulla pena di morte – che tanti Paesi siano ancora attaccati all’idea sbagliata che uccidere le persone possa in un modo o nell’altro porre fine alla tossicodipendenza o ridurre la criminalità”.

”La pena di morte non fa nulla per affrontare il crimine o permettere alle persone che hanno bisogno di aiuto di accedere ai trattamenti per la disintossicazione”.

Il diritto internazionale, ricorda Amnesty Italia, limita l’uso della pena di morte ai ‘reati più gravi’, definizione che generalmente include solo l’omicidio volontario. I reati di droga non rientrano in questa categoria. Il diritto internazionale inoltre stabilisce per gli stati l’obiettivo di muoversi verso l’abolizione della pena di morte. Eppure, molti stati giustificano l’uso della pena di morte come un modo per affrontare il traffico di droga o l’uso problematico delle droghe.

Questi stati stanno ignorando il fatto che una risposta basata sui diritti umani e sulla salute pubblica, compresa la prevenzione dell’abuso di sostanze e l’accesso al trattamento, risulta efficace per porre fine ai decessi per droga e prevenire la trasmissione di malattie infettive. Anche in relazione a crimini violenti, non c’è uno straccio di prova che la minaccia dell’esecuzione costituisca un deterrente maggiore rispetto a qualsiasi altra forma di punizione.

Nel 2014 e nel 2015 Amnesty International ha registrato esecuzioni o condanne a morte per reati legati alla droga in Cina, Indonesia, Iran, Kuwait, Malaysia, Arabia Saudita, Singapore, Sri Lanka, Thailandia, Emirati Arabi Uniti e Vietnam. Attualmente i reati legati alla droga, che possono includere accuse che vanno dal traffico al possesso, sono punibili con la morte in più di 30 paesi.