La Pussy Riot Nadia in sciopero della fame: “17 ore di lavoro al giorno e botte”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Settembre 2013 - 15:11 OLTRE 6 MESI FA

[15:05:53] Maria Elena Perrero: La Pussy Riot Nadia in sciopero della fame: "17 ore di lavoro al giorno e botte"

Nadia Tolokonnikova (Foto Lapresse)

MOSCA – Diciassette ore al giorno di lavoro, quattro ore per dormire, e sempre botte: è la vita di Nadia Tolokonnikova nella Colonia Correttiva numero 14 in Mordovia, repubblica autonoma russa a 400 km da Mosca. Per protestare contro questo trattamento Nadia, una delle tre Pussy Riot in carcere dopo l’esibizione anti-Putin nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, ha iniziato lo sciopero della fame.

Era il marzo del 2012 quando Nadia, 23 anni,  Maria Alyokhina, 24, Iekaterina Samutsevich, 22 anni, vennero arrestate per “teppismo e istigazione all’odio religioso”. In appello Iekaterina è stata scarcerata. Nadia e Maria dovrebbero uscire dal carcere il prossimo marzo.

Nadia, che ha una bambina di 5 anni, ha spiegato perché ha iniziato lo sciopero della fame in una lunga lettera al Guardian, in cui ha spiegato come si vive in quella specie di gulag staliniano.

“Lo sciopero della fame è l’unica forma di protesta che mi rimane per non essere annientata, ha spiegato Nadia. Lavoriamo come sarte, per cucire le divise dalla polizia, dalle sette e mezza del mattino a mezzanotte e mezza. Non abbiamo più di quattro ore per dormire. Ci danno un giorno libero ogni sei settimane. Le mani sono piene di piaghe e buchi fatti dagli aghi; il tavolo è coperto di sangue, ma tu continui a cucire. Avevo iniziato a sentir parlare delle colonie penali della Mordovia mentre ero in carcere, in attesa di processo, a Mosca. Queste colonia hanno il più elevato livello di sicurezza, le giornate di lavoro più lunghe e le più evidenti violazioni dei diritti umani”.

Nadia ha anche accusato il vice direttore del carcere,  Iuri Kuprianov, di averla minacciata di morte perché si lamentava. La Pussy Riot ha anche raccontato come ad una detenuta le guardie abbiano amputato una gamba e le dita di una mano dopo che era rimasta per un giorno intero nell’anticamera della camerata, dove non c’è il riscaldamento. Un’altra detenuta, rom, era stata picchiata a morte, anche se poi la causa ufficiale del suo decesso fu un “aneurisma”.

La lettera di Nadia Tolokonnikova è stata spedita anche al comitato d’indagine locale, che ha promesso di far luce sui vari aspetti della vicenda entro un mese. Mentre le autorità carcerarie hanno respinto le accuse.