Russia. Omicidio Nemtsov: altri due fermi, ma la pista islamica non convince

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Marzo 2015 - 22:27 OLTRE 6 MESI FA
Zaur Dadayev

Zaur Dadayev (Ansa)

MOSCA – Sale da cinque a sette il numero degli arrestati per l’omicidio dell’oppositore russo Boris Nemtsov. La polizia russa rastrella i presunti esecutori del delitto nel Caucaso e ha annunciato di aver fermato altre due persone in Cecenia, seguendo una pista islamista che sembra presentare alcune crepe e non convince né i rivali politici di Vladimir Putin né i familiari della vittima.

Colpisce il fatto che due dei sospettati erano “pretoriani” di Ramzan Kadyrov, l’ingombrante leader ceceno fedelissimo di Putin. Zaur Dadayev – l’unico finora ad aver confessato un omicidio, deciso a suo dire per le offese anti-islam di Nemtsov, e, pare, proprio colui che ha aperto il fuoco – era un tenente del battaglione locale ‘Nord’, uno dei reparti armati del ministero dell’Interno formati solo da ceceni. E militava nello stesso battaglione anche Beslan Shavanov, 30 anni, che si sarebbe fatto saltare in aria sabato nel suo appartamento a Grozny ormai circondato dalla polizia.

Si tratta di elementi che potrebbero far sospettare anche un possibile coinvolgimento dello stesso Kadyrov nell’omicidio, tanto che qualcuno aveva persino ipotizzato che si trattasse di un trucco del governo di Mosca per silurare il sempre più esuberante ex ribelle diventato vassallo di Putin. Ma il presidente russo ha fugato ogni dubbio decorando proprio oggi il leader ceceno con l’Ordine dell’Onore, e una medaglia è stata assegnata anche ad Andrei Lugovoi: il principale sospettato dell’avvelenamento con polonio a Londra nove anni fa dell’ex 007 russo Aleksandr Litvinenko. Kadyrov rimane insomma sotto l’ala protettrice dello ‘zar’. Ma la sua posizione si fa sempre più imbarazzante.

Il luogotenente di Putin nell’instabile Cecenia ha elogiato sia Shavanov (“era un soldato coraggioso”) sia Dadayev, sul quale ha ordinato un’indagine per scoprire il motivo dell’interruzione della carriera militare, ma che ha definito “un patriota” e “un fervente credente” rimasto scioccato dalla vicenda di Charlie Hebdo. Kadyrov avvalora così una delle ipotesi dei magistrati russi, ossia quella che dietro l’assassinio di Nemtsov – a due passi dal Cremlino – vi possa essere la vendetta di un gruppo di terroristi islamici contro un politico in parte di origine ebraica che ha difeso le vignette di Charlie Hebdo dopo la strage nella redazione del settimanale francese. Se la “manovalanza” cecena è stata pagata per commettere l’omicidio – come suppongono gli inquirenti – c’è però qualcosa che non quadra: gli estremisti islamici infatti non ammazzano su commissione, come contesta l’accusa. La pista cecena sembra comunque accontentare tutti: libera Putin da ogni sospetto e rasserena l’opinione pubblica che vede materializzarsi i presunti colpevoli (i ceceni spesso identificati dai russi come i “cattivi” per eccellenza) e dissiparsi possibili ombre sul popolare uomo forte di Mosca.

A non credere alla pista islamica è però l’opposizione: per Ilia’ Iashin, uno dei leader anti-Putin più vicini a Nemtsov, si tratta di “una teoria insensata” che “va bene al Cremlino e porta Putin fuori dalla linea di fuoco”. Secondo lui, i mandanti sono in Russia e all’interno del governo. E anche Zhanna Nemtsova, figlia della vittima, crede che l’omicidio del padre sia dovuto alla sua posizione critica nei confronti del Cremlino. L’oppositore ucciso aveva condannato non solo l’attacco al settimanale satirico, ma anche le minacce di Kadyrov, che aveva dichiarato suo “nemico personale” chi si era schierato a favore della pubblicazione delle vignette su Maometto.

Zhanna Nemtzova, ieri sera era ospite del più seguito talk-show in Germania,”Bei Günther Jauch”. La donna ha attribuito apertamente alla leadership russa la responsabilità dell’assassinio del padre: “Forse hanno trovato i colpevoli – ha detto all’indomani dell’arresto dei cinque ceceni – ma noi non sappiamo chi sono i mandanti e credo che la verità non verrà fuori per molto tempo”. La giornalista trentenne ha aggiunto che “in Russia c’è già una dittatura e questo ennesimo omicidio significa che coloro che hanno il potere hanno ormai oltrepassato la linea rossa”. E ha aggiunto: “Tornerò in Russia il 15 marzo”.

Il leader ceceno – che a gennaio ha organizzato a Grozny una manifestazione contro Charlie Hebdo a cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone – aveva inoltre ammonito che anche il direttore di Radio Eco di Mosca, Alexiei Venediktov, poteva diventare un obiettivo, dopo che la sua emittente aveva chiesto agli ascoltatori se i giornali dovessero pubblicare o meno le vignette con il profeta Maometto in risposta al massacro del 7 gennaio a Parigi. Fu in quell’occasione che Nemtsov si scagliò contro il presidente ceceno: “Tutti sono ormai nauseati e stanchi dalle minacce di Kadyrov – scrisse su Facebook a gennaio -, ma è certo che Putin non consentirà a nessuno di toccarlo”.

L’ex vice premier ieltsiniano comunque non aveva avuto molto a che fare con il Caucaso negli ultimi anni, e non poteva neanche essere considerato un nemico della Cecenia, visto che vent’anni fa raccolse un milione di firme contro la guerra in quella regione della Russia meridionale considerata una vera e propria polveriera. Continua intanto “ad essere indagata” la teoria di una pista estera: a precisarlo è una fonte vicina alle indagini citata da Interfax che, pur avallando l’ipotesi di una vendetta islamica, sottolinea che “le forze dell’ordine hanno identificato contatti stranieri dei sospettati”. Sia il presidente ucraino Petro Poroshenko che Iashin sostengono invece che Nemtsov stesse lavorando a un dossier per smascherare una volta per tutte la presenza di soldati russi nel Donbass al fianco dei separatisti.