Salvatore Failla e Fausto Piano, dirigenti della Bonatti rischiano il processo

di redazione Blitz
Pubblicato il 30 Marzo 2017 - 19:57 OLTRE 6 MESI FA
Salvatore Failla e Fausto Piano, dirigenti della Bonatti rischiano il processo

Salvatore Failla e Fausto Piano, dirigenti della Bonatti rischiano il processo

ROMA – Potrebbero finire a processi i dirigenti della Bonatti, la società di Parma che costruisce impianti oil&gas e alle cui dipendenze lavoravano Salvatore Failla e Fausto Piano, i due tecnici rapiti e uccisi in Libia nel marzo del 2016.

Il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente della Bonatti, Paolo Ghirelli, e di altri tre componenti, oltre che del responsabile dell’azienda per la Libia, Dennis Morson.

Il pm Sergio Colaiocco ha chiesto il loro rinvio a giudizio e della stessa società, per effetto della legge sulla responsabilità degli enti, per cooperazione colposa nel delitto doloso, una fattispecie dell’omicidio colposo. “La società ed i suoi amministratori confermano la loro piena fiducia nell’operato della magistratura, continuando a prestare la massima collaborazione”, fa sapere da parte sua il Gruppo Bonatti.

Secondo la procura, il 19 luglio 2015 il sequestro dei quattro tecnici della Bonatti e la morte, il 2 marzo successivo in un conflitto a fuoco tra banditi e forze miliziane, di Failla e Piano, potevano essere evitati se fossero state adottate idonee misure di sicurezza da parte dell’azienda.

In sostanza, per il pm Colaiocco, se si fosse dato retta all’allarme lanciato dalla Farnesina sulla situazione critica in Libia e se si fosse data massima priorità alla sicurezza, forse la sorte dei quattro tecnici della Bonatti sarebbe stata diversa.

In base all’impianto accusatorio la società emiliana e il suo rappresentante nel paese nordafricano avrebbero omesso di adottare tutte le cautele necessarie per evitare che i loro tecnici impegnati nel paese nordafricano fossero esposti alle attenzioni delle bande criminali locali.

I quattro dipendenti furono sequestrati durante il loro trasferimento a Mellitah, zona interna della Libia in cui ci sono cantieri Eni e dove operano i dipendenti della Bonatti. I nostri connazionali erano arrivati in Libia proprio quel 19 luglio. Lo spostamento, in quell’occasione, avvenne in auto e non, come di consueto, in nave, quest’ultima messa a disposizione dall’Eni, poiché, come spiegato da Dennis Morson al pm Colaiocco in un’audizione del 23 marzo scorso, l’imbarcazione usata abitualmente partiva con un giorno di ritardo rispetto alla data in cui i quattro erano attesi.

Agli indagati si contesta di aver sottovalutato i rischi della situazione in Libia, malgrado la stessa Farnesina avesse suggerito alle aziende italiane di lasciare il Paese (l’ambasciata era stata chiusa) o di elevare al massimo le misure di sicurezza. Sulla vicenda resta aperto un secondo fascicolo, ancora contro ignoti, e che riguarda il sequestro e l’omicidio dei due nostro connazionali.