Si muore di fame in Zimbabwe e così la gente si mangia l’elefante morto

Pubblicato il 13 Marzo 2010 - 08:40 OLTRE 6 MESI FA

Una ragione in più per contrastare e combattere le dittature e diffidare sempre delle persone che manifestano la pur minima tentazione dittatoriale viene da questa storia africana.

Una dittatura è sempre una brutta cosa, a qualunque latitudine, perché alla fine paralizza qualsiasi progresso, qualsiasi miglioramento della vita della gente comune e porta fame e miseria.Questo vale per l’Africa, ma è valso anche per l’Europa: il fallimento del comunismo ne è l’esempio iù clamoroso, ma fascismo e nazismo, franchismo e colonnelli greci non sono sfuggiti alla regola.

Non è vero che sono tutte storie del passato. Il demonio della dittatura è sempre in campagna e può indurre in tentazione anche nel  clima mitre e temperato del mediterraneo settentrionale.  E veniamo alla storia africana, dove, in Zimbabwe, regna uno dei più longevi dittatori della storia, Robert Mugabe, al potere da un trentennio. A nulla valke che sia stato un eroe della lotta per l’indipendenza del suo paese. Ora la sua dittatura soffoca una delle terre più ricche del mondo, fino alle conseguenze che stiamo per raccontare.

Per la maggior parte di noi un elefante morto di vecchiaia nella savana è solo una scena triste, ma per centinaia di disperati che ogni giorno muoiono di fame nello Zimbabwe è stata un’autentica manna. Pochi minuti dopo aver individuato la carcassa in un angolo remoto del “Gonarezhou National Park”, (la seconda riserva del paese, che si estende su una superficie di 5mila chilometri quadrati), un gruppo sempre più crescente di persone ha infatti cominciato ad uscire dalla boscaglia circostante, proveniente da ogni dove. (Guarda le foto)

Armati di machete, asce e coltelli fatti con barattoli di latta, gli uomini si sono avvicinati al pachiderma morto (un gigante di 6 tonnellate e alto quasi 4 metri) e in meno di due ore (1 ora e 47 minuti, per la precisione) lo hanno letteralmente spolpato, strappandone la carne a pezzi e lasciandone solo lo scheletro. Neanche la proboscide e le orecchie si sono salvate da questo autentico scempio e pure le stesse ossa sono state successivamente portate via, per essere bollite e diventare così una zuppa.

Nemmeno 24ore più tardi, tutto quello che è rimasto dell’elefante era una macchia di sangue nella savana. Una scena di una crudeltà terribile quella che è apparsa davanti agli occhi attoniti del fotografo inglese David Chancellor, che era nello Zimbabwe per fotografare gli elefanti nel loro habitat naturale.

«Poco dopo l’alba, un abitante della zona ha visto la carcassa dell’elefante mentre passava in bicicletta – ha raccontato Chancellor -. Sembrava in mezzo al nulla, ma in appena un quarto d’ora sono arrivati centinaia di disperati da ogni direzione: le donne hanno formato un cerchio attorno all’animale e gli uomini stavano all’interno e ho visto gente litigare e accoltellarsi a vicenda, pur di accaparrarsi più carne possibile per la famiglia. Carne che è stata poi portata a casa per essere lavata, essiccata e, quindi, messa da parte, ma c’è anche chi l’ha mangiata lì, al momento. E nei villaggi circostanti hanno fatto poi festa per due giorni, per celebrare la fortuna che era loro capitata». Già, perché quell’elefante morto ha significato la sopravvivenza garantita per un bel po’ di tempo, stante la tremenda situazione economica in cui versa il paese sotto il regime di Robert Mugabe.