Turchia accusa Usa per il golpe: tensioni in aeroporto, 6mila gli arresti

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Luglio 2016 - 21:52 OLTRE 6 MESI FA
Turchia accusa Usa per il golpe: tensioni in aeroporto, 6mila gli arresti

Turchia accusa Usa per il golpe: tensioni in aeroporto, 6mila gli arresti

ISTANBUL – Il fallito colpo di Stato in Turchia ha portato a oltre 6mila arresti in 24 ore e 290 morti. Questo il bilancio del golpe che l’esercito ha tentato di mettere in atto per destituire il presidente Recep Tayyip Erdogan, che col sostegno del popolo sceso in piazza ha ripreso la situazione sotto controllo. Una crisi internazionale però ne è nata con gli Stati Uniti: Erdogan ha chiesto l’estradizione di Fethullah Gulen, l’imam e magnate che accusa di essere la mente del tentativo di golpe, e al rifiuto di John Kerry la tensione è salita. Intanto continuano gli scontri e domenica 17 luglio all’aeroporto Al Sabiha Gokcen, il secondo di Istanbul, le forze di sicurezza hanno arrestato altri 7 militari che opponevano resistenza.

A lanciare le accuse più dure è stato il ministro del Lavoro turco, Suleyman Soylu, suggerendo apertamente che dietro il fallito golpe ci sia la mano di Washington. Un attacco diretto poi non rilanciato da altri membri dell’esecutivo, ma che dà il senso della tensione tra le cancellerie.

Kerry ha replicato parlando di “pubbliche insinuazioni” e spiegando che i sospetti “sono totalmente falsi e danneggiano” i rapporti.  Gli Stati Uniti comunque, ha precisato ancora Kerry, non hanno ancora ricevuto alcuna richiesta formale di estradizione per Gulen. Dal 1999, l’imam e magnate vive in auto-esilio in una tenuta super-protetta in Pennsylvania, dove secondo analisti dell’intelligence turca avrebbe iniziato a pianificare il golpe già da 8 mesi.

Una tensione che mette a rischio anche la base aerea di Incirlik, da cui partono i raid contro l’Isis della Colazione internazionale a guida Usa, dopo che domenica 17 luglio le forze di sicurezza turche hanno fatto irruzione e hanno arrestato il generale Bakir Ercan Van, accusato di aver preso parte al golpe.

Intanto il bilancio del colpo di stato si aggrava. Le vittime sarebbero oltre 290 negli scontri, tra cui anche un amico ed ex consigliere per i media di Erdogan, Erol Olcak, ucciso dai militari golpisti sul ponte del Bosforo a Istanbul con il figlio di 16 anni, Abdullah. Al suo funerale il presidente turco è scoppiato in lacrime e ha annunciato che richiederà l’introduzione della pena di morte:

“Il governo discuterà con l’opposizione la reintroduzione della pena di morte”.

Un’ipotesi che già allarma diversi Paesi alleati e le organizzazioni non governative, che chiedono chiarezza anche sulle notizie sempre più insistenti di abusi e torture sui golpisti in carcere.  E il numero di golpisti arrestati intanto è aumentato. Sono 6mila quelli già in manette, ma il ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, ha spiegato che si tratta solo dell’inizio, mentre Erdogan ha annunciato il pugno di ferro:

“Faremo pulizia all’interno di tutte le istituzioni dello Stato del virus dei sostenitori di Gulen”.

Il Consiglio supremo dei giudici e procuratori turchi (Hsyk), intanto, ha già ordinato l’arresto dei 2.745 magistrati che erano stati rimossi dai loro incarichi. Al Sabiha Gokcen, il secondo aeroporto di Istanbul, sulla sponda asiatica, ci sono stati scontri tra le forze di sicurezza dopo un tentativo di resistenza all’arresto da parte di 11 militari, poi finiti in manette. Una scena analoga si è registrata nella base militare di Konya, nell’Anatolia centrale, finita con 7 arresti.

Nel frattempo, è stato riportato in Turchia l’elicottero Balckhawck con cui 8 militari erano fuggiti in Grecia dopo il putsch. Già nelle prossime ore dovrebbe essere discussa la richiesta di asilo dei soldati, che si dichiarano innocenti e sostengono di essere anzi fuggiti per paura dei golpisti. Ma Erdogan non ha dubbi: “La Grecia concederà l’estradizione in 15-20 giorni”.

La calma sembra essere tornata in Turchia, ma si tratta di un clima surreale e intanto Erdogan ha invitato i cittadini a rimanere nelle piazze:

“Non lasceremo le piazze. Questa non è un’operazione che dura 12 ore”.

A Istanbul e Ankara, Smirne e Diyarbakir, anche nella serata di oggi decine di migliaia di persone sono scese a presidiare le strade, tra clacson impazziti, bandiere turche e inni ad Allah.