Usa, Fbi ferma rivolta ‘cowboy’ anti-Stato: un morto VIDEO

di redazione Blitz
Pubblicato il 27 Gennaio 2016 - 08:23 OLTRE 6 MESI FA

PORTLAND –  Usa, Fbi ferma la rivolta dei cowboy in Oregon: arrestato il leader della protesta, Ammon Bundy, insieme a sei membri della milizia armata che dal 2 gennaio occupa il Malheur National Wildlife Refuge, un ufficio federale all’interno di una remota riserva naturale.

I cowboy in questione sono gli allevatori a cavallo anti-Stato che da settimane protestano contro l’arresto di due agricoltori, padre e figlio, condannati per aver danneggiato dei terreni federali bruciando delle sterpaglie. I due sono stati condannati prima a tre anni, poi, dopo che hanno scontato la pena, un giudice ha deciso che dovevano restare ancora in carcere.

Ma la questione reale è ben più antica: è quella degli allevatori che vogliono che i territori dello Stato, molti dei quali oggi riserve naturali, siano usati per l’agricoltura. Questa battaglia comune ha unito cowboys e militanti di estrema destra ad unirsi contro Washington.

La rivolta dei cowboy in Oregon va avanti da settimane. E alla fine c’è scappata la sparatoria. E anche un morto. Tutto è successo ad un posto di blocco della polizia, durante il quale sono stati esplosi alcuni colpi di arma da fuoco. Un uomo disarmato, secondo quanto sostiene la polizia, è rimasto ucciso. Ma non è ancora chiara la dinamica dell’accaduto, né l’identità della vittima. Ora il timore è che la protesta possa degenerare.

La protesta dei rancher contro il governo federale va avanti da tempo: dall’Oregon al Nevada accusano Washington di vietare gli allevatori di pascolare il proprio bestiame all’interno delle terre federali o di cacciare all’interno delle riserve naturali. Capo carismatico della rivolta è Clive Bundy, un allevatore del Nevada e padre di Ammon. In Oregon a guidare la protesta i suoi figli, che hanno fondato il gruppo chiamato Citizens for Constitutional Freedom.

Come ha raccontato poche settimane fa su Repubblica Vittorio Zucconi, 

“Da giorni arroccati nella capanna dei Ranger che dovrebbero pattugliare i 770 chilometri quadrati del Parco Nazionale di Malheur nell’Oregon settentrionale, un manipolo di fanatici in tuta mimetica, cappellone da John Wayne nel Grinta e fucili automatici veri stanno giocando ai cowboy e agli indiani, decisi — dicono — «a morire per difendere la libertà». Intesa come libertà di appropriarsi di un immenso territorio che a loro non è mai appartenuto, strappato dagli invasori europei prima ai nativi Paiute e Shoshone che ci avevano vissuto per almeno seimila anni e poi assegnato al governo federale come parco nazionale e in parte riserva indiana.

Quel governo di Washington che ancora possiede legalmente più della metà dei territori dell’Oregon, del Montana, del Wyoming, dello Utah e del Nevada”.

In quella “baracca” erano asserragliati i fratelli Bundy, così descritti da Zucconi:

“due fratelli travestiti da guerriglieri con cappellone troppo nuovo per essere vero, Ammon e Ryan Bundy guidano una mezza dozzina di desperados nella ribellione contro “la tirannia” di Washington. E contro i Paiute che, dal 1868, dovrebbero avere il diritto sancito da un trattato di pescare, cacciare e raccogliere erbe medicinali e prodotti della terra, protetti dal governo.

(…) I due capibanda, i fratelli Bundy, uno dei quali sfida l’inverno con i suoi 72 anni, e i loro quattro seguaci, compreso un ex marine, John Ritzeheimer che ha lasciato su Facebook un melodrammatico addio alla famiglia, sono infatti, come tutti loro che li hanno seguiti nell’avventura, non ” Oregonians” veri, ma professionisti della ribellione, nomadi che formano una compagnia di giro che recita nell’immenso palcoscenico del West ancora semivuoti la tragicommeddia del pionieri, per la gioia di telegiornali e annoiati reporter locali. Il “Parco Nazionale di Malheur” è infatti dal 1934 un tranquillo falsopiano bagnato da acquitrini e affluenti dello Snake River, santuario per 538 specie di uccelli che i mitissimi naturalisti e bird watchers frequentano nei mesi dell’estate e della migrazioni, rischiando non l’agguato di Ombre Rosse ma l’aggressione dalle fameliche zanzare del West o dai molti serpenti a sonagli che escono dal letargo.

(…) La guerra dei Bundy, gente che i Texani e i veri cowboy superstiti deriderebbero come «sbruffoni tutto cappello e niente mandria» è dunque una scaramuccia che potrebbe far sorridere. Se non ricordasse, sotto quei costumi da guerrieri e i cappelloni, dietro quell’arsenale truculento e micidiale, il fiume di lacrime che ha bagnato quelle terre. E ancora sgorga dalla canna dei troppi fucili nel West”.