Brachetto e Asti, spumanti docg anche nella versione “secca”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Marzo 2017 - 12:59 OLTRE 6 MESI FA
Brachetto e Asti, spumanti docg anche nella versione "secca"

Brachetto e Asti, spumanti docg anche nella versione “secca” (foto d’archivio Ansa)

ASTI – Novità nel mondo degli spumanti: Brachetto e Asti diventano docg anche nella versione “secco”. In particolare l’Asti docg nelle versioni secco, demi-sec ed extra secco. E’ arrivato l’ok del Comitato Vinicolo del ministero delle Politiche Agricole e Alimentari alla modifica del disciplinare.

Dai vigneti di uve Moscato dei 52 Comuni, nelle tre province piemontesi di Asti, Alessandria e Cuneo, potrà nascere anche la versione meno zuccherina dell’Asti, che negli ultimi anni ha accusato una pesante flessione sul mercato, arrivando a perdere fino a 20 milioni di bottiglie. Il nuovo Asti “potrà andare sul mercato la prossima estate”, prevede Giorgio Bosticco, direttore del Consorzio di tutela dell’Asti – . Grazie a un prolungato periodo di studi e ricerche abbiamo messo a punto un protocollo di spumantizzazione che ci consentirà di avere un prodotto unico”.

Il nullaosta all’Asti secco riaccende la diatriba con il sistema Prosecco. “La scelta della denominazione ‘Asti secco’ – sostiene il governatore del Veneto Luca Zaia – è un’inutile provocazione ed è un danno. Prima di tutto ai produttori piemontesi: l’assonanza, la vicinanza fonetica al Prosecco rischia di diventare un boomerang. L’Asti è un prodotto di grande potenziale, se ben gestito, ma penso che la guerra tra poveri non serva a nessuno”.

Più morbida la reazione del Consorzio di Tutela del Prosecco “Stando così le cose – dice il presidente Stefano Zanette – il tutto verrà lasciato alla correttezza degli imbottigliatori astigiani. Il parere espresso dal Comitato nazionale vini va nella direzione da noi auspicata anche se permangono dei margini di interpretazione che, se chiariti, avrebbero potuto evitare a priori eventuali contenziosi circa l’uso evocativo del termine ‘secco’”.

Su proposta del Consorzio dell’Asti, l’etichetta non dovrà presentare la scritta ‘secco’ sulla stessa riga del prodotto ‘Asti’. “Il ridotto contenuto di zuccheri rispetto alla versione dolce – spiega Bosticco – ci permetterà di estendere la nostra offerta anche ad altri momenti di consumo come l’aperitivo o a tutto pasto, nonché rivolgerci a un target più giovane”. Le nuove tipologie “rafforzano il sistema regionale del vino, sempre più attento alla qualità e alla domanda che viene dal mercato internazionale”, affermano il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino e l’assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, riferendosi anche alla modifica accordata al Brachetto d’Acqui che a sua volta potrà presentare la versione secco. “Saremo in grado di rispondere alle richieste che pervengono anche dal mercato estero – aggiunge la Coldiretti – dove il vino ‘made in Piemonte è particolarmente richiesto”.

Giovanna Galliano sul Secolo XIX si è occupata del Brachetto:

Attualmente l’Accordo sottoscritto da tutte le parti in gioco (parte agricola, cooperativa e parte industriale) nel 2015 e rinnovato nel 2016 e fino alla campagna 2017 prevede un reddito minimo per i produttori di 6.000 euro per ettaro. Il prezzo delle uve è passato da 1,25 euro al chilo nel 2014 a 1 euro al chilo nel 2015.

La richiesta di Botto è di arrivare a 1,10 euro al chilo per il 2017. «Abbiamo organizzato questa riunione perché Confagricoltura e Cia sono fortemente preoccupate per le sorti del Brachetto – spiegano Valter Parodi di Confagricoltura e Carlo Ricagni di Cia – Le diverse visioni espresse dai presidenti vanno viste come una fase della discussione, che auspichiamo giungerà a una soluzione ottimale per tutti».