Fagioli in via di estinzione in Friuli: non li mangiano più per…le puzze

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Ottobre 2016 - 14:02 OLTRE 6 MESI FA
Fagioli in via di estinzione in Friuli: non li mangiano più per...le puzze

Fagioli in via di estinzione in Friuli: non li mangiano più per…le puzze

UDINE – Solo in Friuli Venezia Giulia sono 160 le diverse tipologie di fagioli che venivano coltivati fino a qualche tempo fa. Ora però questo alimento rischia di scomparire dalle tavole, con le coltivazioni che sono quasi inesistenti ormai. Il motivo? “Fanno fare le puzze“, ovvero causano flatulenza, e la popolazione preferisce altri alimenti a questi legumi.

Paola Treppo su Il Gazzettino scrive che le coltivazioni di questi legumi, di cui solo in Friuli esistono 160 specie diverse e autoctone, sono in calo. Fabiano Miceli, professore associato del Dipartimento di scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine, spiega che col cambio dello stile alimentare, in cui si dà precedenza a carne e formaggi, il fagiolo passa in secondo piano, soprattutto perché provoca flatulenza:

“pare assurdo ma è così. È questo il vero disagio del fagiolo. Ed è per questa ragione a gente non lo mette in tavola, non solo in Friuli ma anche nel resto dell’Italia e in generale nei Paesi Occidentali”.

Un vero peccato, spiega Miceli, perché questi legumi hanno tantissime proprietà. Consumare fagioli aiuta a mantenere basso il picco glicemico, dunque questi legumi prevengono il diabete, contribuiscono alla lotta all’obesità e hanno anche delle proprietà antitumorali importanti e sarebbe bene mangiarli 3 o 4 volte a settimana. Proprio il calo del loro uso nella dieta a portato questi legumi a salire di prezzo, oltre che alla diminuzione delle coltivazioni, tanto che ora anche i fagioli vengono importati dalla Cina:

“Il governo cinese, per soddisfare i cinesi, sta comprando incredibili quantità di soia, che è pure un fagiolo, importata dall’America, da dare poi da mangiare ai maiali. Un argomento che potrebbe avere risvolti interessanti, in termini di salubrità del cibo e sostenibilità del pianeta”.

Se in Friuli le coltivazioni ormai sembrano essere abbandonate, i fagioli italiani arrivano soprattutto da Cuneo:

“Quello nano viene raccolto con le macchine e quindi costa meno. Quello rampicante va raccolto a mano e costa di più. I fagioli che nel supermercato compriamo a 3 euro o giù di lì al chilo arrivano quasi tutti dall’estero, dal Michigan, o dall’India. In Michigan ci sono vastissime coltivazioni che vengono diversificate in base ai diversi gusti del mercato europeo; per noi italiani, ad esempio, ne coltivano uno simile al borlotto, raccolto con la mietitrebbia.

E poi, da noi, ci sono i fagioli di montagna, ridotti però a piccoli fazzoletti di terra, coltivati dalle signore anziane, più che altro per passione. Nel mondo, c’è da dire, che il fagiolo è tra le prime dieci piante coltivate, con 27 milioni di ettari. In Italia è arrivato con il secondo viaggio di Cristoforo Colombo, e in Friuli e in Italia, quindi, ha avuto tempo per quasi mezzo secolo per diventare autoctono. Oggi, in Fvg, grazie a una ricerca finanziata dalla Regione, abbiamo individuato 160 specie diverse, tutte da salvaguardare e recuperare”.