Aereo in ritardo, compagnia non paga. Le scuse? Uccelli, neve, ruote sgonfie…

Pubblicato il 29 Gennaio 2013 - 09:54| Aggiornato il 10 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Abbiamo incontrato uno stormo di uccelli“. “La neve ha bloccato le partenze”. “Le ruote del carrello erano sgonfie”. Se il vostro volo è in ritardo e pensate di avere diritto ad un rimborso, attenti a queste scuse. Il Corriere della Sera spiega in un articolo di Leonard Berberi che le compagnie aeree inventano scuse sempre più creative per non rimborsare i passeggeri. E se le scuse non dovessero bastare, denuncia Altroconsumo, i passeggeri vengono scoraggiati con lunghe trafile per la richiesta del rimborso che gli spetta.

Per porre un freno alla situazione la Corte di Giustizia europea ha approvato il 23 ottobre 2012 un provvedimento che stabilisce come i voli con ritardo superiore alle 3 ore prevedono un rimborso per i passeggeri tra i 250 ed i 600 euro, a meno che non intervengono “cause di forza maggiore o eventi eccezionali”.

La Corte europea voleva porre fine al fenomeno del rimborso negati, spiega il Corriere, ma ha scatenato quello delle risposte “creative”, se così possiamo chiamarle, da parte della compagnia aerea che per non pagare ne dice di tutte. Il Corriere riporta i dati del sito Flight-delayed.co.uk, raccolti tra luglio e dicembre 2012 su circa 50 compagnie aeree e 10.412 richieste di rimborso, di cui solo l’8,4% è stato risarcito:

“E l’altro 91,6%? “La loro domanda viene respinta oppure ignorata”. Le “cause di forza maggiore” o le “circostanze straordinarie”  sono le principali motivazioni che portano le società a dire no: tra questi c’è un 40% delle risposte che si appella a “difficoltà tecniche imprevedibili”. Termine generico che, “soltanto dopo una richiesta più approfondita – precisa il dossier – scopriamo trattarsi spesso di bagni intasati o portelloni difettosi”.

L’istituzione della regola della Corte di Giustizia europea non ha aiutato, spiega il Corriere, evidenziando come nei dati raccolti da Fligh-delayed dopo il 23 ottobre le cifre non cambino:

“È crollato, per esempio, il numero delle risposte alle richieste di risarcimento entro le sei settimane obbligatorie. «Se prima otteneva una replica il 45,4% dei clienti, dopo la sentenza della Corte di Giustizia europea il tasso è sceso al 24,1». «Colpa» più dei «colossi» che delle low cost. In parallelo, sono aumentati i rigetti per «condizioni meteo avverse» (dal 3,8 al 12,1%), per l’«arrivo in ritardo del velivolo» (dal 4,8 al 6,3%), per «collisione con uno stormo di uccelli o altri oggetti» (dall’1,1 al 4,5%) o senza un motivo (dal 6,5 al 7,6%)”.

Maurizio Amerelli, giurista di Altroconsumo, sottolinea poi che le compagnie aeree, nonostante il passeggero abbia ragione, rispondono sempre no alle richieste di rimborso. Se il passeggero va avanti nella richiesta, allora l’azienda presta attenzione ma non sempre il consumatore riesce a ottenere quanto gli spetta. Amerelli spiega al Corriere che i motivi sono tre:

“Il primo: “Molti decidono di non fare nulla perché scoraggiati dalla lunga trafila”, ragiona Amerelli. Il secondo: “Le richieste vengono fatte individualmente, quando sarebbero più forti quelle in gruppo”. Il terzo: “In pochi conoscono le norme europee a tutela del consumatore”. Soltanto il 7% dei viaggiatori, secondo Flight-delayed.co.uk.

C’è poi un’altra questione da sottolineare: le compagnie aeree dovrebbero segnalare ai propri passeggeri le modalità per chiedere il rimborso. Ma troppo spesso le compagnie evitano di dare le informazione, sottolinea Altroconsumo. Per tutelarsi, nel caso il vostro volo superi le tre ore di ritardo, i consigli sono pochi e semplici:

“Intanto conservare il biglietto: sembra banale, ma in molti se ne sbarazzano troppo presto”, suggerisce Amerelli. Poi bisogna “raccogliere una prova fotografica del ritardo, scattando un’istantanea al tabellone dell’aeroporto”. Quindi “cercare di coinvolgere anche altri passeggeri dello stesso volo”.

Infine armarsi di pazienza e coraggio e proseguire per la trafilata e irta strada della richiesta di rimborso, sperando di essere tra quel (fortunato) 8,4% di passeggeri che riesci a vincere la battaglia contro le (creative) compagnie aeree.