Asl, ospedali, dimezzate le auto: assistenza domiciliare, guardia medica a piedi

Pubblicato il 10 Luglio 2012 - 09:49 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il taglio alla spesa sanitaria si abbatte indiscriminatamente anche sulle auto che Asl e ospedali utilizzano per servizi essenziali: a piedi rimarrebbero, se non ci saranno correzioni di rotta, i medici di guardia, medici e infermieri che fanno servizi a domicilio, gli addetti all’assistenza sociale per gli anziani e gli invalidi, medici e infermieri che corrono sui luoghi delle emergenze. La spending review ha deciso una decurtazione secca del 50% nelle spese di acquisto e mantenimento di tutto il parco veicoli dell’amministrazione sanitaria. E’ qui il punto dolente di questo taglio decisamente “lineare”: si dimezzano le auto “blu”, giustamente, mentre si dimezzano anche le “auto grigie”, appunto quelle utilizzate per compiti operativi.

Chi lavora sul campo,sa di cosa si parla e lancia l’allarme, doppio, per il restringimento se non l’azzeramento della propria capacità di svolgere il lavoro assegnato, per i cittadini cui si negano servizi essenziali, unica alternativa  rimasta a disposizione rispetto alla chiusura di posti letto e ricoveri. “Come medici di guardia garantiamo l’assistenza a domicilio quando lo studio del medico di famiglia è chiuso” spiega Gennaro Chiurco della Asl di Cosenza. “Per contratto dovremmo usare l’auto aziendale, in realtà mettiamo a disposizione la nostra per un litro di benzina verde ogni ora di servizio. Se ci levano anche quello per duemila euro al mese restiamo a casa”.

In  effetti, il faro puntato sulle auto blu era del tutto giustificato. Su La Stampa del 10 luglio vengono ricordati i casi delle aziende sanitarie abruzzesi dove si viaggia in Audi o l’esempio della Campania (dove il buco della sanità costringe ad acrobazie contabili e aumento della tassazione generale) dove invece preferiscono i Mercedes. Ma di quante auto dispone il comparto sanitario. 18.500 veicoli circa, di cui  poco più di 2 mila sono vere auto blu e il resto sono auto grigie.

L?articolo 5, comma due del decreto sulla spending review pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale parla chiaro e non lascia dubbi: “A decorrere dall’anno 2013, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istat…non possono effettuare spese di ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nel 2011 per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture”. Acquisto e noleggio, buoni per i taxi: è credibile che per andare a visitare l’anziana che non ce la fa a venire in ospedale si debba prendere il bus? Va bene tagliare gli sprechi, ma non al prezzo di pregiudicare l’assistenza sanitaria minima, cui, lo dice la costituzione, tutti hanno diritto.

Questo è un classico esempio della “cecità” dei tagli lineari: sprechi e privilegi sono sparsi a macchia di leopardo su tutto il territorio, se con la spending review non si riescono a separare i “buoni” dai “cattivi”, i rami secchi da quelli produttivi, rischia di essere un boomerang. Anche nella salute vale il principio di consentire un massimo di produttività: con una vettura invece che a piedi o in autobus si incontrano più pazienti: più assistenza significa meno ricoveri. E meno posti letto. Non era questo l’obiettivo?