Borse Europa, febbre cinese: terzo giorno in nero

di Edoardo Greco
Pubblicato il 7 Gennaio 2016 - 15:33 OLTRE 6 MESI FA
Borse Europa, febbre cinese: terzo giorno in nero

Borse Europa, febbre cinese: terzo giorno in nero (LaPresse)

MILANO – Il crollo delle Borse cinesi contagia l’Europa: tutte le piazze finanziarie si avviano verso il terzo giorno consecutivo in nero. Le perdite, più accentuate nella mattinata, sono diminuite nel pomeriggio dopo la decisione delle autorità cinesi di bloccare la sospensione automatica degli scambi azionari per eccesso di ribasso.

Francoforte, la più pesante, cede il 2,3%. Milano cede l’1% e torna sopra i 20mila punti, dopo aver passato tutta la giornata a quota 19 mila. Calo sopra il 2% anche per Londra mentre Parigi cede l’1,8% e Madrid l’1,67%.

Piazza Affari dimezza le perdite con l’indice Ftse Mib che cede l’1% a 20.214 punti. A ridare fiato al listino gli acquisti su Telecom (+0,54%), Generali (+0,31%), A2a (+0,73%), Terna (+0,59%) e Yoox-Net-A-Porter (+0,84%). Sul fronte opposto la peggiore è Mps (-4,38%) seguita da Buzzi (-3,5%), Fca (-3,4%). Ferrari cede il 2,85%. Cali invece intorno al 2% nel credito per Unicredit (-2,49%), Banco Popolare (-2,03%). Lo spread tra btp e bund resta stabile su i 101 punti.

Wall Street procede negativa ma riduce le perdite dopo le decisioni delle autorità cinesi. Il Dow Jones perde lo 0,97% a 16.744,99 punti, il Nasdaq cede l’1,46% a 4.765,03 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno l’1,30% a 1.964,70 punti.

Oltre all’Estremo Oriente a balcanizzare ulteriormente i mercati ci pensa il Medio Oriente, dove l’Arabia Saudita, per fare concorrenza allo shale oil americano e mettere in difficoltà il rivale regionale Iran, sta attuando una politica ribassista sul prezzo del petrolio. Continua il calo del “brent” anche alla borsa di New York, dove le quotazioni perdono il 2,56% a 33,09 dollari al barile.

In Cina, dicevamo, va ancora peggio: il crollo del 7% ha fatto scattare, per la seconda volta dall’inizio dell’anno, il blocco automatico degli scambi per eccesso di ribasso. L’indice di Shanghai è andato sotto del 7%, quello di Shenzen dell’8,5%. La Banca centrale cinese ha deciso una nuova svalutazione dello yuan dello 0,51% nei confronti del dollaro, toccando così il livello più basso raggiunto dal 2011.

A fine giornata però le autorità cinesi hanno deciso uno stop al meccanismo di sospensione automatica degli scambi che scatta nel caso di volatilità eccessiva in borsa. Il meccanismo, che chiude la borsa per l’intera giornata in caso di perdite oltre il 7%, rischia di alimentare ulteriore volatilità.

Anche Hong Kong è andata in territorio negativo, lasciando sul terreno il 3%, mentre Tokyo ha chiuso con il Nikkei in calo del 2,33%, segnando la quarta seduta consecutiva in perdita.

Nel frattempo la Banca Mondiale ha rivisto al ribasso il Pil mondiale: 2,9 %, uno 0,4 in meno rispetto a quanto previsto a giugno. A pesare, secondo Washington, è proprio il perdurare della crisi cinese. La situazione dovrebbe migliorare soltanto nel 2017, con un +3,1%.

I mercati globali si trovano ad affrontare un crisi che presenta alcuni tratti simili al 2008. Lo afferma il filantropo miliardario George Soros, secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg. ”La Cina ha un problema di aggiustamento. Quando guardo ai mercati finanziari ci sono difficoltà che mi ricordano il 2008”.

Nomura: “Non è momento di vendere ma di comprare”. “Oggi sui mercati prevale la paura anche per le questioni geopolitiche, ma la calma è destinata a tornare”. E’ quanto sostiene in una conference call Wendy Liu, responsabile della ricerca di Nomura sui mercati azionari cinesi. Secondo l’analista “questo non è il momento di vendere ma di comprare”.Secondo l’analista di Nomura nel 2016 il mercato azionario cinese “garantirà un rendimento complessivo del 14,3% per l’indice Msci-China”.

Sul fronte economico Nomura non intravvede “rischi di sistema”, ma un “continuo rallentamento della crescita” e una “disoccupazione leggermente più alta“, anche se, a fine 2016, i flussi di capitale in entrata raggiungeranno quota 82 miliardi di dollari, contro i 141 miliardi di flussi in uscita registrati nel 2015. L’anno appena iniziato sarà caratterizzato da una prima parte in cui prevarranno le vendite sul mercato azionario, a cui seguirà una fase di acquisti. Nel primo semestre gli analisti di Nomura prevedono una fase di “recupero dei listini azionari cinesi dopo la fuoriuscita di capitali e le svalutazioni in concomitanza con i primi stimoli fiscali e monetari. Successivamente ci sarà una accelerazione degli investimenti, coincidente con la chiusura delle attività economiche più deboli e con il maggior accesso al credito, così nel secondo semestre “il mercato si sarà probabilmente ristabilizzato, grazie alle dosi di liquidità immesse, sufficienti per evitare rischi per il sistema”. Inoltre le società quotate saranno “pronte per beneficiare dell’uscita di scena delle aziende più deboli, finora tenute in vita dai governi locali per assicurarsi entrate fiscali e sostenere l’occupazione”.