Confindustria: 120 mila fabbriche perse dal 2001, ci sorpassa anche il Brasile

di redazione Blitz
Pubblicato il 4 Giugno 2014 - 13:18 OLTRE 6 MESI FA

operaiROMA – Centoventimila fabbriche chiuse tra il 2001 e il 2013. Un milione di posti di lavoro persi. L’Italia continua a perdere, laddove invece altri Paesi fanno progressi, come il Brasile. Lo dicono gli ultimi dati del centro studi Confindustria, in un rapporto in parte pubblicato dall’Ansa.

La “massiccia erosione della base produttiva” rilevata da Confindustria per il manifatturiero italiano, ha portato ad un “quadro impietoso”, con una contrazione di oltre 100mila fabbriche e quasi un milione di addetti tra 2001 e 2011, “proseguita nel biennio successivo: altri 160mila occupati e 20mila imprese perduti”.

L’Italia scivola dal settimo all’ottavo posto nella graduatoria dei Paesi produttori elaborata dal Centro Studi di Confindustria, che parla anche di “demeriti domestici”. Sorpasso del Brasile. Con un +36% dei volumi mondiali 2000-2013, l’Italia è “in netta controtendenza” con un -25,5%. “Fa peggio proprio dove gli altri vanno meglio”.

In sei anni l’Italia è passata dal quinto all’ottavo posto nella graduatoria internazionale dei maggiori Paesi produttori elaborata annualmente dal CsC. Resta in generale “un ottimo piazzamento”, ma pesano “demeriti domestici” che hanno accentuato l’arretramento:

“Nel 2007-2013 la produzione è scesa del 5% medio annuo, una contrazione che non ha riscontro negli altri più grandi Paesi manifatturieri”.

L’industria manifatturiera italiana soffre per fattori che “Si intrecciano e accavallano”, come “il calo della domanda interna, l’asfissia del credito, l’aumento del costo del lavoro slegato dalla produttività, la redditività che ha toccato nuovi minimi”

Pesano anche “i condizionamenti europei” che “certo non aiutano”: tutta l’Europa arretra ad eccezione di Germania e Polonia (“ma per quanto a lungo? si domandano gli economisti di Confindustria)  per le “politiche fiscali restrittive” e “il paradosso di un euro che si apprezza, specialmente nei confronti delle valute di molte economie emergenti, e frena così il driver delle esportazioni”

In un quadro della produzione manifatturiera mondiale che “ha ripreso a crescere”, rilevano ancora gli economisti di Confindustria nel tradizionale rapporto di giugno sugli scenari industriali, “arranca l’Europa, fiaccata da politiche di bilancio, dal credit crunch e da un euro forte che rallenta le esportazioni”. L’Italia “tra tutte le grandi economie industriali appare il Paese più in difficoltà, scontando gli effetti congiunti del crollo della domanda interna e di un costo del lavoro alto”. Anche se resta “una forte capacità di competere” e “ci sono segnali di cambiamento delle strategie delle imprese” per reagire al credit crunch senza ridurre gli investimenti.

Mentre la produzione manifatturiera mondiale è cresciuta è cresciuta del 36% nel 200-2013, “l’Italia nello stesso periodo ha subito un crollo del 25% con cadute in tutti i comparti ad eccezione di quello alimentare”.    Quanto alla “classifica” dei maggiori Paesi produttori, con l’ultimo aggiornamento del Csc, nel 2013 si conferma in vetta la terna Cina, Stati Uniti, Giappone; la Germania è ancora quarta, seguita come l’ano prima da Corea del Sud e India. Al settimo posto il Brasile che sorpassa l’Italia, che scende quindi dal settimo all’ottavo posto.