Confindustria: “Recessione finita”. Pil in calo ma meno che per Istat e Ocse

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Settembre 2013 - 11:34 OLTRE 6 MESI FA
Confindustria: "Recessione finita". Pil in calo ma meno che per Istat e Ocse

Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria (Foto Lapresse)

ROMA –  Confindustria è più ottimista di Istat e Ocse sulla ripresa italiana. Secondo le ultime stime del Centro Studi degli industriali il Prodotto interno lordo del Paese si contrarrà ancora nel 2013, ma meno delle precedenti previsioni: l’1,6% contro l’1,9%. E dal 2013 tornerà a crescere dello 0,7%, contro lo o,5% delle ultime stime. Per Istat e Ocse, invece, nel 2013 il Pil italiano calerà dell’1,8%.

In chiaro-scuro le previsioni sull’occupazione: il tasso di disoccupazione toccherà il 12,3% nell’ultimo trimestre del 2013 e aumenterà lievemente solo nel 2014 (+0,1%), ma nella media annuale la variazione resterà negativa (-0,2% dopo il -1,6% del 2013) e gli occupati saranno 880mila in meno rispetto al 2007 (-3,8%), cioè dall’inizio della crisi. In autunno cresceranno le richieste di cassa integrazione, anche in deroga. Per vedere un calo di Cig bisognerà attendere la primavera del 2014.

Gli industriali puntano il dito contro le tasse: la pressione fiscale nel 2013  ha raggiunto il record del 44% del Pil. Per questo l’associazione di Viale dell’Astronomia chiede a gran voce il taglio del cuneo fiscale, “Assieme agli interventi, più volte ricordati, che riguardano burocrazia, infrastrutture, capitale umano, concorrenza e finanza di impresa”.

Se per Confindustria la “recessione è finita”, l’allerta è lo stesso lanciato martedì 10 settembre dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: “Serve stabilità politica”. 

Comunque non sono tutte rose: l’Italia “è a un punto di svolta” ma l’uscita dalla “seconda lunga crisi iniziata nel 2007 sarà lenta. Sulla strada della ripresa persistono, rischi, interni e internazionali e ostacoli. Cruciale è la stabilità politica per rinsaldare la fiducia di imprese e consumatori”.

Come per Bankitalia, anche per Confindustria il pericolo della “precarietà politica” è che gli investitori esteri non si fidino del nostro Paese”. Il rischio dell’instabilità politica è che contribuisca a “tenere ampio lo spread, indebolisca le iniziative di modernizzazione del paese, impedisca il pieno recupero di fiducia in un progetto paese, tenga basse la competitività e la crescita potenziale. La stabilità, che non è sinonimo di immobilismo, diventa allora il primo tassello nel mosaico del rilancio”.