Economia. Berlusconi caduto, i problemi sono rimasti, Letta sarà senza più alibi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Ottobre 2013 - 01:34 OLTRE 6 MESI FA
Economia. Berlusconi caduto, i problemi sono rimasti, Letta sarà senza più alibi

Enrico Letta (Foto LaPresse)

NEW YORK – Cosa accadrà in Italia dopo il voto di fiducia dato dal Parlamento al Governo Letta e la umiliante ritirata di Berlusconi?

Nulla, se Enrico Letta e i suoi improbabili ministri non saranno capaci di fare quello che è stato loro impedito fino ad oggi dalla instabilità della maggioranza.

Questo è il senso, a parte il giudizio sui ministri, dell’articolo con cui il Wall Street Journal presenta il risultato del voto di mercoledì. Sotto il titolo di cronaca: “Letta ottiene il voto di fiducia”, l’articolo di Deborah Ball non indulge nel tono da cronaca di match quasi pugilistico che domina i siti italiani, ma propone una analisi dei problemi dell’Italia che ora il Governo Letta dovrà dimostrare di essere in grado di affrontare:

“Il primo ministro italiano ha tenuto in vita il suo Governo, ma la vera battaglia sarà resuscitare una economia sclerotica, che si sta rivelando come la principale minaccia della ripresa della eurozona”.

La caduta di Berlusconi, che si è dipanata da mesi e è arrivata al suo apice con il fallimento del suo tentativo eversivo, può rivelarsi una cattiva notizia per quelli che ci governano, perché costituirà la caduta di un alibi. Si attenua la presa di Berlusconi, ma i problemi restano tutti, e fuori dello stadio italiano il match con Berlusconi rappresenta solo un momento della commedia italiana:

“La costante debolezza delle coalizioni italiane hanno reso estremamente difficile per tutti i Governo di resistere alle lobby potenti che resistono al cambiamento”.

Una nota qui va fatta. Nell’immaginario giornalistico post sessantottino, le lobby sono i tentacoli delle multinazionali, del grande padronato, dei poteri più o meno occulti e si identificano con valori sostanzialmente di destra.

Deborah Ball usa invece il termine lobby come qualsiasi gruppo organizzato, capace di esercitare pressioni sui Governi, a livello nazionale quanto locale e non hanno colore politico, possono essere di destra come di sinistra.

Agli occhi del mondo, non c’è solo Berlusconi a rovinare l’Italia, ma tanti altri fattori del cui impatto negativo sul nostro futuro non è chiaro quanto gli avversari di Berlusconi siano consapevoli.

Avverte Deborah Ball che i leader europei

“sono sempre più preoccupati della incapacità italiana di affrontare i mali della economia e sempre più considerano il Paese, che è il terzo più grosso dopo Germania e Francia, come la più grave minaccia alla ripresa dell’Europa dalla sua lunga crisi finanziaria”.

L’Italia ha bisogno di riforme, ma secondo un politico europeo

“il sistema politico italiano è troppo preoccupato per se stesso, non ha tempo di occuparsi del Paese”.

La ripresa è debole rispetto a Spagna e Portogallo, ma l’appoggio di Berlusconi al governo Letta potrebbe portare una “boccata d’aria” per Deborah Ball, al sistema italiano:

“Ma la lunga lista di problemi che affliggono l’Italia è scoraggiante. L’Italia è il paese con le più alte tasse sul lavoro nell’Unione europea. Ci voglio 1210 giorni per risolvere una causa commerciale, tempi tre volte più lunghi di quelli di Francia e Germania, secondo la Banca mondiale. L’Italia poi raggiunge uno dei posti più bassi della classifica della Banca mondiale sulla flessibilità del lavoro”.

Tra tasse e bassa produttività, continua la Ball, le aziende muovono verso la Spagna, il Portogallo o ancora la Grecia. E non vanno meglio gli investimenti stranieri in Italia. Solo la scorsa settimana mentre Letta da New York rassicurava potenziali investitori per portare capitali in Italia, ignaro delle tensioni nel Bel Paese dove si innescava una crisi di governo poi risolta in nulla di fatto:

“I recenti dati sugli investimenti rappresentano un indice dei problemi che restano nel Paese. Negli ultimi cinque anni l’Italia ha attirato una media di appena 12 miliardi di dollari di investimenti stranieri l’anno, un numero ben inferiore a quello di Francia e Gran Bretagna, con rispettivamente 37 miliardi di dollari e 66 miliardi di dollari l’anno di investimenti stranieri”.