Lavoreremo anche a Santo Stefano. E i Santi Patroni rischiano grosso

Pubblicato il 18 Luglio 2012 - 12:21 OLTRE 6 MESI FA
Via le festività, saltano i ponti

ROMA – Lavoreremo anche a Santo Stefano? E’ più che probabile, venerdì 20 luglio l’accorpamento delle festività sarà discusso in Consiglio dei Ministri. Il Governo potrebbe allora agire per decreto della Presidenza del Consiglio concretizzando il piano già espresso dal sottosegretario Polillo. Una misura che se ben congegnata, farebbe aumentare di un punto percentuale il Pil italiano. Più ore si lavora più aumenta la produttività, questo il principio ispiratore. Insomma, seppure parliamo di feste comandate, sempre di tagli si tratta. Ma disboscare la jungla delle festività non è affatto semplice, come minimo serve lo stesso impegno di una spending review del tempo “rubato” al lavoro.

Santo Stefano è il primo candidato a saltare, anche se quest’anno cade di mercoledì, abbastanza distante dalla zona “ponte”. Poi si dovrà ragionare sui santi patroni: uno per uno, la festa negata produrrebbe un aumento trascurabile della produttività a livello locale. A livello giuridico, per esempio, la giornata dei Santi Pietro e Paolo, patroni in condominio della città di Roma, non si può toccare a meno di non violare il regime concordatario che ci impegna con la Chiesa. Se lasci stare i santi, non è detto che ti salvi con le festività cosiddette laiche.

”Il provvedimento, guarda caso  riguarderebbe le uniche festività laiche sopravvissute (25 aprile, 1 maggio, 2 giugno), dotate di grande significato storico e di notevolissima valenza politica e sociale”: il comunicato dell’Associazione dei Partigiani del 14 agosto scorso era rivolto all’allora ministro Tremonti che si era buttato nell’impresa. Oggi non cambierebbe nulla, tanto più che il segretario Pd Bersani ha già messo le mani avanti: “E’ molto opinabile che il problema della produttività possa essere posto in questi termini. va ricordato che alcune festività sono il senso stesso di un Paese”.

A proposito di produttività e Pil, non è irrilevante anche la posizione di chi difende gli interessi del turismo. Senza opportunità di ponti e programmazione relativa di mini ferie durante l’anno si sacrifica un indotto turistico che vale miliardi. Che, tradotti in tasse, rappresenterebbero una voce importante di mancato gettito.