G20: “Le multinazionali paghino le tasse”. 15 mld l’imponibile eluso in Italia

Pubblicato il 18 Febbraio 2013 - 12:32| Aggiornato il 11 Luglio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il G20 ha aperto il dossier elusione fiscale delle multinazionali. L’Ocse ha fornito le munizioni per affrontare questo difficile duello stabilendo nuove regole, l’Europa preme perché i grandi gruppi, come Google, Amazon, Starbucks, Apple, paghino le giuste tasse nei paesi in cui operano. Grazie al trasferimento degli utili  e alle transazioni infragruppo, i big multinazionali riescono a pagare un’imposta del 5% contro il 30% di una Pmi. Su pressione di Londra, Parigi e Berlino il G20 preparerà entro luglio un piano d’azione.

In Italia, secondo la Guardia di Finanza, nel 2012 è stato di 15 miliardi l’imponibile sottratto al Fisco. Un imponibile che, in virtù di tecniche contabili assolutamente legali, trasforma i redditi dei colossi industriali “senza Stato”, apolidi da un punto di vista fiscale. Per cui gli utili nei Paesi a alta fiscalità, vengono trasferiti nei Paesi a bassa fiscalità o comunque più convenienti. Obiettivo del G20,  e in particolare delle nazioni europee impegnate nella difficile opera di risanamento dei conti con l’economia stagnante, è restituire una Patria al reddito.

Sono note le tante inchieste a carico, per esempio, in Italia su Ryanair o i big dell’hi-tech Google o Amazon, che operano qui ma pagano le tasse in Irlanda (nel caso della compagnia aerea low-cost). Non si può, naturalmente, agire in maniera unilaterale, altrimenti un mercato fiscale più abbordabile si trova sempre. Agire di concerto, unire gli sforzi e soprattutto le procedure, invece, può essere vincente. La Guardia di Finanza, per esempio, riconosce due “nemici”: la “stabile organizzazione” e il “transfert pricing”.

Il primo riguarda in particolare “i gruppi multinazionali attivi nel settore dell’elettronica  e dell’e-commerce”: i quali perseguono “fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva aventi scala transnazionale”, oggetto appunto del contrasto del Fisco con le inchieste su Google Italy, Amazon, Ryanair.

Il secondo, “transfert pricing” indica quel meccanismo attraverso il quale, nell’ambito di gruppi di società multinazionali, vengono stabiliti prezzi di vendita di beni e servizi in maniera non sempre corrispondente all’esatto valore di mercato degli stessi: risultato, gli utili vengono trasferiti dove le tasse sono più clementi, pur essendo la ragione sociale e il cuore del business da un’altra parte. Eludono, non evadono: ora i gruppi multinazionali più avvertiti hanno iniziato a collaborare, introducendo procedure di ruling internazionale per definire soglie e limiti anticipati per determinare correttamente i prezzi da applicare ai trasferimenti infragruppo, come ha iniziatoa  fare Microsoft.