Imu 2013: riduzione “selettiva”. Iva: aumento “selettivo”. Ecco tutte le ipotesi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Giugno 2013 - 10:32 OLTRE 6 MESI FA
Imu 2013: riduzione "selettiva". Iva: aumento "selettivo". Ecco tutte le ipotesi

Enrico Letta e Angelino Alfano (LaPresse)

ROMA – Imu 2013 e aumento Iva: o si elimina la tassa sulla casa o si impedisce l’aumento della tassa sui consumi. Per fare entrambe le cose ci vorrebbero più o meno 6 miliardi: un costo che l’Italia appena uscita dalla procedura d’infrazione Ue sul deficit non può permettersi.

Così per il governo di Enrico Letta l’aggettivo risolutore è “selettivo”. Riduzione selettiva dell’Imu 2013, aumento selettivo dell’Iva.

IMU 2013. Renato Brunetta (Pdl) vuole “cancellarla per tutti e senza distinzione”. Il viceministro dell’Economia Stefano Fassina vuole abolirla sulla prima casa per l’85% dei proprietari, lasciando fuori un 15% di proprietari di case di lusso. Con la tassa pagata da quel 15%, trovare le risorse per bloccare l’aumento dell’Iva.

La via di mezzo potrebbe essere quella di un intervento – ça va sans dire – “selettivo” sulle prime case, che tenga conto anche del reddito dei proprietari. Secondo stime della Uil, il 71,1% dei possessori di prima casa ha un reddito inferiore ai 26 mila euro. È il reddito dichiarato, non sempre coincidente con quello effettivo. Comunque l’idea è di aumentare la detrazione di base da 200 a 400 euro e poi di modulare l’Imu 2013 in maniera progressiva a secondo di reddito e patrimonio, basandosi sull’indicatore Isee. Se no si potrebbe ripristinare l’Irpef sulla prima casa: una deduzione che oggi costa 3,3 miliardi.

Nel discorso Imu entrano anche le spese fiscali per le abitazioni: oggi costano allo Stato 10,6 miliardi, quasi tutte destinate ai proprietari dell’abitazione principale (Irpef prima casa, mutui acquisto, ecobonus al 65% e bonus ristrutturazioni) o degli affittuari (agevolati dalla cedolare secca). Inoltre gli immobili a disposizione sono esentati dall’Irpef. Solo 157 milioni di questi 10,6 miliardi sono spesi per agevolazioni o detrazioni per chi è in affitto. Non solo: secondo i dati di Scenari immobiliari, l’Italia è ultima in Europa per investimenti in housing sociale ed l’edilizia residenziale.

In tutto questo bisogna di accontentare le varie parti in causa: Comuni, Confindustria, imprenditori del settore edilizia. I primi beneficeranno – come stabilito dal decreto “salva-debiti” di 600 milioni per le vecchie compensazioni Imu. Le amministrazioni comunali inoltre saranno esentate dall’Imu sui propri immobili ad uso strumentale. Infine è stata rinviata al 30 settembre l’approvazione dei bilanci, in modo da poter deliberare dopo le decisioni del governo sul’Imu, che dovranno arrivare entro il 31 agosto.

Confindustria chiede meno tasse sui capannoni. Il direttore generale Marcella Panucci: “L’obiettivo della riforma deve essere la riduzione del prelievo complessivo sugli immobili strumentali all’attività d’impresa, differenziando questi ultimi da quelli detenuti per mere finalità di godimento”.

Mentre l’Ance, l’associazione dei costruttori, ha chiesto alla commissione Finanze della Camera l’esenzione dall’Imu per le case di nuova costruzione e non ancora vendute.

AUMENTO IVA. Evitarlo del tutto sembra impossibile. Allora il governo pensa di dividerlo in tre “panieri”: quello che aumenterebbe dal 21 al 22% non dovrebbe comprendere alcuni beni diventati ormai di largo consumo e necessità quasi primaria (esempio: i telefonini) che potrebbero godere invece una aliquota agevolata.

Gli altri due “panieri” sono quei beni che ora sono tassati con Iva agevolata al 4% e al 10%. Il regime del 4% costa allo Stato 14,5 miliardi di mancati introiti. Mentre quello del 10% costa 25,5 miliardi: in totale 40 miliardi.

Così, una “spending review” dei beni ad aliquota agevolata potrebbe regalare nuove risorse, come si è fatto la settimana scorsa con i bonus-casa finanziati con l’aumento delle aliquote Iva agevolate sulle merendine nei distributori automatici e sui gadget allegati ai giornali.

Molto si può ritoccare. Nel gruppo del 4% ci sono le concessioni televisive e la carta per stampare i manifesti elettorali. Godono del 4% le lenti correttive per gli occhiali: basta applicarle a montature anche costose per far precipitare l’aliquota dal 21 al 4 per cento.

Si tratta insomma di attuare una politica che Enrico Letta, con una metafora molto democristiana, ha definito del “cacciavite“, contrapposta a un intervento con la “scure” che gli chiedono da più parti, soprattutto dal Pdl.