Imu e Iva restano, parola di Bce. Draghi: “Ripresa ancora lontana, serve rigore”

Pubblicato il 7 Giugno 2013 - 09:28 OLTRE 6 MESI FA
Imu e Iva restano, parola di Bce. Draghi: “Ripresa ancora lontana, serve rigore”

Imu e Iva restano, parola di Bce. Draghi: “Ripresa ancora lontana, serve rigore” (LaPresse)

ROMA – Iva, Imu, Tares? Le tasse per uscire dalla crisi non si toccano, parola di Mario Draghi. Il presidente della Bce ha invitato i paesi dell’Eurozona a mantenere la propria politica di rigore. La ripresa economica infatti non è vicina come si potrebbe pensare e Draghi mette in guardia i paesi dell’Unione europea. Il calo degli spread non deve ingannare, solo a fine 2013 sarà possibile dire se l’eurozona ha avviato la sua ripresa o no. Intanto i Paesi indebitati debbono continuare a risanare il proprio bilancio, spiega Draghi: “Non può esserci crescita con la creazione infinita di debito”.

Se il clima Ue sembrava propenso a ridurre i tagli alla spesa pubblica dettati dalla crisi, il presidente della Bce avvisa le capitali europee, Roma inclusa, che non è ancora il momento. E poi avvisa: la Bce non darà il sostegno per favorire i prestiti alle imprese, i governi europei dovranno garantire da soli gli aumenti di capitale delle banche prima ‘dell’operazione verità sui bilanci degli istituti di credito che condurrà Francoforte.

E’ un quadro economico ancora tutto fluido quello dipinto il 6 giugnoda Draghi dopo che la Bce ha, come previsto, lasciato il tasso principale fermo allo 0,5% promettendo però  una politica ”accomodante per tutto il tempo necessario”. Il miglioramento del clima di fiducia, dell’export, della situazione sui mercati fa ben sperare per una ”stabilizzazione e ripresa nel corso dell’anno” per l’economia dell’Eurozona, anche se a un ritmo ”sottotono” e con ”rischi al ribasso”.

Ma le nuove stime Bce tagliano ancora la crescita dell’Eurozona nel 2013, a -0,6% da -0,5% di tre mesi fa, migliorando invece il 2014 (+1,1%). In questo quadro precario Draghi torna a spingere sulla responsabilita’ dei governi nel mantenere la barra dritta e continuare a ridurre il proprio indebitamento.

In sfida al pressing del Fondo monetario internazionale e dei governi che dichiarano morto il rigore fiscale, e in diversi casi contano sulla spesa pubblica per cercare la ripresa, Draghi è lapidario: ”Non siate troppo ottimisti sulle condizioni attuali dei mercati”, favorite dagli aiuti ‘Omt’ della Bce, definiti ”la misura di maggior successo e non pensiate – manda a dire ai governi – che i mercati permetteranno alcun rilassamento protratto della situazione di bilancio senza riforme e aumenti di competitività”.

Draghi ha spiegato che “chi fa crescita creando debito all’infinito prima o poi viene punito dai mercati”. E ce n’è anche per l’accordo europeo che fa slittare di due anni la scadenza per il pareggio di bilancio: “Se dopo due anni si torna con lo stesso livello di competitività, cioè molto basso, i mercato non ne saranno felici”.

Insomma riforme per la crescita, liberalizzazioni e sburocratizzazione, ma anche ”risanamento di bilancio che rimane inevitabile” e che si può fare aiutando la crescita, cioè tagliando la spesa improduttiva e non aumentando le tasse. Una Bce che torna a fare da ‘grillo parlante’ rispetto alle decisioni politiche delle capitali europee anche sul fronte bancario.

Dopo qualche mese di riflessione, il progetto di rilanciare il credito alle pmi in Italia e Spagna cartolarizzando i prestiti concessi dalle banche (impacchettandoli nei prodotti finanziari denominati ‘Abs’ da cedere poi alla Bce) viene messo nel cassetto, trattandosi di un prodotto ”complicato” il cui mercato ”è morto da anni”.

Se ne discute, certo, così come si discute del ‘Ltro’ (la maxi-liquidità già fornita alle banche) e di possibili ampliamenti dello spettro di garanzia che la Bce accetta dalle banche in cambio della liquidità. Ma si tratta – spiega Draghi – di interventi che agiscono sul finanziamento delle banche, mentre il problema a monte di tutto è il capitale di rischio, che in diversi casi è insufficiente e lo è sempre più con l’aumentare delle sofferenze sui crediti.

Draghi ha poi un’altra pillola amara per la politica europea: la priorità è il capitale insufficiente di molte banche e ora la Bce vuole che la musica cambi quando, si presume in autunno, farà la sua revisione sulla qualità degli attivi delle banche in vista degli ‘stress test’ dell’Autorità bancaria europea e della presa in carico della vigilanza sulle banche dell’Eurozona nel 2014.

Draghi ha detto: ”Non vogliamo fare l’errore del 2011 quando le banche fecero gli stress test senza una precedente garanzia dei governi a coprire i requisiti di capitale che ne sarebbero emersi”. Vuol dire che i governi e le istituzioni europee (incluso il fondo Esm se sarà pronto), se non si faranno avanti investitori privati, dovranno essere pronti a iniettare miliardi di euro nel capitale delle banche in difficoltà.  E dovranno spiegare ai cittadini ancora una volta che per salvare l’economia tocca prima salvare le banche.