Ires giù prima, Irpef poi. Ma oggi stop tregua fiscale estiva

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Agosto 2016 - 12:44 OLTRE 6 MESI FA
Ires giù prima, Irpef poi. Ma oggi stop tregua fiscale estiva

Ires giù prima, Irpef poi. Ma oggi stop tregua fiscale estiva

ROMA – Ires giù prima, Irpef poi. Ma oggi stop tregua fiscale estiva. Il taglio dell’Ires per le aziende nel 2017 è già scritto: la prossima manovra attuerà l’impegno già indicato e l’aliquota per le imprese scenderà al 23,5% con un calo di 3,5 punti percentuali sul livello attuale e un costo annuo di circa 3 miliardi.

E anche il taglio dell’Irpef resta in ballo: il governo lo ha indicato a partire dal 2018 ma è già noto che, nel caso ci fossero le compatibilità di bilancio, una riduzione, almeno in parte potrebbe arrivare già nel 2017. Questo nei piani del Governo: la realtà invece ci informa che oggi finisce la tregua fiscale estiva.

Oggi 22 agosto fine della tregua fiscale estiva. Da lunedì 22 agosto infatti ripartono gli appuntamenti dei contribuenti, che erano stati graziati nelle prime tre settimane del mese. Due giorni in più sono stati guadagnati rispetto alla normale scadenza del 20 agosto, visto che è caduta durante il fine settimana.

L’effetto accumulo si deve anche al fatto che anche il 30 e il 31 luglio, tradizionalmente ultime finestre prima della pausa estiva, sono coincise con un week-end. Secondo una stima pubblicata dal Sole 24 Ore, la giornata di lunedì chiama in causa scadenze per un ammontare di circa 23 miliardi di euro.

Giù le tasse? Dipende dai conti… Tutto ovviamente dipenderà dagli ultimi dati sulla crescita nel terzo trimestre che arriveranno da Istat alla fine del prossimo mese e sui quali il governo, con la nota di aggiornamento (entro il 27 settembre) rivedrà (probabilmente al ribasso per la crescita) le stime macro sulle quali poi incardinare la prossima manovra di politica economica.

Manovra che, come noto, il governo punta a rendere corposa per dar stimolo alla crescita recuperando risorse sul livello di deficit previa trattativa con la Commissione Ue. L’idea sarebbe quella di ‘forzare’ per il 2017 il livello dell’1,8% indicato e di salire fino al 2,4% recuperando circa 10 miliardi.

Altre possibili entrate arriverebbero con la voluntary disclosure bis (1-2 miliardi), la ‘web-tax’ sulle multinazionali come anticipa la stampa (3 miliardi) e una nuova versione della spending review (circa 5 miliardi). Solo con queste misure si arriverebbe a circa 20 miliardi a disposizione, ancora pochi considerando che solo tra clausole (15 miliardi per l’Iva), pensioni (1-2 miliardi), pubblico impiego (300 milioni dice il governo, fino a 7 miliardi dicono i sindacati) la cifra sarebbe già tutta ‘spesa’.

Inoltre altre spese sarebbero legate alla decontribuzione per i nuovi assunti pur se in versione più ‘soft’ rispetto al 2015 e 2016 e per il superammortamento per l’acquisto di macchinari che, dice il viceministro all’Economia Enrico Morando, “andrebbe esteso anche al 2017 e 2018 per favorire gli investimenti”. Il governo inoltre punta a stimolare gli investimenti pubblici rendendo subito operativi i lavori “cantierabili” e, per ridurre il debito pubblico, a spingere l’acceleratore (condizioni di mercato permettendo) sulle privatizzazioni a partire da un nuovo pacchetto Poste.