Istat, laureati più precari dei diplomati all’inizio della carriera

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Luglio 2017 - 17:27 OLTRE 6 MESI FA
Istat, laureati più precari dei diplomati all'inizio della carrieraIstat, laureati più precari dei diplomati all'inizio della carriera

Istat, laureati più precari dei diplomati all’inizio della carriera

ROMA – “L’occupazione atipica al primo lavoro è diffusa anche per titoli di studio secondari superiori o universitari e cresce all’aumentare del titolo di studio, essendo pari al 21,2% per chi ha concluso la scuola dell’obbligo e al 35,4% per chi ha conseguito un titolo di studio universitario”. A sostenerlo è il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, in audizione in commissione Affari costituzionali alla Camera, intervenendo sulle proposte di legge per assicurare l’equità nei trattamenti previdenziali e assistenziali. All’inizio della carriera il lavoro precario interessa più i laureati rispetto a coloro che hanno titoli di studio inferiori.

Secondo l’Istat il precariato è “più diffuso tra i giovani di 15-34 anni”, tanto che “circa 1 occupato su 4 svolge un lavoro a termine o una collaborazione”. Alleva ha evidenziato che l’instabilità lavorativa riguarda anche gli “adulti e i soggetti con responsabilità familiari: nel 2016 un terzo degli atipici ha tra 35 e 49 anni, con un’incidenza sul totale degli occupati dell’8,9%; tra le donne il 41,5% delle occupate con lavoro atipico è madre”. Il numero uno dell’Istituto nazionale di statistica ha aggiunto che “la quota di lavoratori temporanei, già in partenza più consistente fra i giovani, aumenta dal 1997″. In particolare, Alleva ha spiegato che “tra il 2008 e il 2016, nella classe 15-34 anni, la quota di dipendenti a termine e collaboratori aumenta di 5,6 punti, dal 22,2% al 27,8%”.

Capitolo pensioni. Ad oggi, in base agli “scenari demografici” a disposizione “è possibile delineare la futura traiettoria dei requisiti di accesso al pensionamento”: dai “66 anni e 7 mesi, in vigore per tutte le categorie di lavoratori dal 2018, si passerebbe a 67 anni a partire dal 2019”. Dal 2021 salirebbe a 67 anni e 3 mesi dal 2021 mentre, spiega, “per i successivi aggiornamenti fino “a 69 anni e 9 mesi dal 2051”.

Dal 2021 l’età per la vecchiaia salirebbe a 67 anni e 3 mesi mentre, spiega, “per i successivi aggiornamenti, a partire da quello nel 2023, si prevede un incremento di due mesi ogni volta. Con la conseguenza che l’età pensionabile salirebbe a 68 anni e 1 mese dal 2031, a 68 anni e 11 mesi dal 2041 e a 69 anni e 9 mesi dal 2051”. Comunque, ricorda Alleva, “per quanto attiene l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento” negli anni precedenti due aggiornamenti sono stati già forniti. I prossimo aggiornamento, tiene a precisare, “entrerà in vigore dal primo gennaio 2019 e sarà costruito sul triennio 2013-2016”.