Italia in crisi: una famiglia su quattro non arriva a fine mese

Pubblicato il 4 Dicembre 2009 - 11:35 OLTRE 6 MESI FA

Continuano ad arrivare dati sconfortanti sulla crisi economica in Italia. Il Censis ha diffuso il suo 43/mo Rapporto, quello del 2009, dedicato alla situazione sociale e l’istantanea che dà del nostro Paese è tutt’altro che florida. Più di una famiglia su quattro arriva a stento a fine mese, solo il 2,2% degli italiani dichiara un reddito che supera i 70 mila euro annui. Un milione e 50 mila famiglie sono in condizione di ‘povertà alimentare’: rappresentano il 4,4% del totale, con un divario territoriale enorme tra Nord e Sud. Durante il 2009, inoltre, oltre 760 mila sono i posti di lavoro sono stati persi in un anno per motivi legati alla sola crisi.

Per quanto riguarda le famiglie ‘in bolletta’, il 28,5% ha avuto difficoltà a coprire le spese mensili con il proprio reddito. Un dato che si confronta, al contrario, con un 71,5% che invece dichiara di avere un reddito sufficiente, con una quota che sale quasi al 79% nel nord-est e scende al 63,5% al sud. E circa il 50% degli italiani presenta redditi che non vanno oltre i 15.000 euro e il 31% dichiara tra 15.000 e 26.000 euro. Il reddito medio dichiarato è di 18.373 euro pro-capite: si va da un massimo di 20.851 euro nel Nord-Ovest a un minimo di 14.440 euro al Sud. La provincia con il valore più alto è Milano, con una dichiarazione media di 24.365 euro, l’ultima è Vibo Valentia, con 12.199 euro per contribuente. Inoltre, secondo le stime del Censis, l’economia sommersa si aggira intorno al 19% del Pil. Con la crisi tale quota potrebbe essere aumentata, sostiene il rapporto, raggiungendo un valore di 275 miliardi di euro.

In Italia, dice ancora il Censis, ci sono un milione e 50 mila famiglie in condizione di ‘povertà alimentare’, pari al 4,4% del totale, con un divario territoriale enorme tra Nord e Sud: lo afferma il Censis nel suo Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, presentato oggi. Secondo l’analisi del Censis, frutto di una elaborazione del Censis su dati della Fondazione per la sussidiarietà e dell’Istat, ci sono regioni come Veneto, Toscana, Lazio e Trentino Alto Adige che hanno quote di famiglie in povertà alimentare sotto al 3% e altre come Calabria, Basilicata e le due isole che, invece, presentano valori nettamente più elevati (dal 6,2% al 10,8%).

Il disagio sociale è quindi fortemente territorializzato, dice il Censis, che pubblica anche una graduatoria delle province dalla quale emerge che il gap tra Centro-Nord e Sud-isole è marcato e relativo a tutte le dimensioni del disagio considerate, da quelle private (consumi e reddito) a quelle di natura collettiva, come le infrastrutture. Le province più problematiche risultano Palermo, Agrigento, Matera, Lecce, Caserta, Crotone, Vibo Valentia e Caltanissetta; al contrario, Trieste, Aosta, Belluno e Siena sono le province con livello di disagio sociale più basso.

Dato ancora più sconfortante è quello relativo ai posti di lavoro persi a causa della crisi. Oltre 760 mila sono i posti di lavoro persi in un anno per motivi legati alla sola crisi. Per l’esattezza, scrive il Censis, sono 763 mila quanti, a causa della crisi, sono rimasti senza lavoro perché licenziati, messi in mobilità, per interruzione dei contratti o per chiusura dell’attività. Un nucleo costituito prevalentemente da dipendenti (83,9%), uomini (56,4%), residenti al nord (42,8%) quanto al sud (37,0%).

Circa il 42% lavorava nell’industria della trasformazione (27,1%) e nell’edilizia (15,1%), il 14,5% nel commercio e il 9,1% nei servizi alle imprese. A questa platea “già numerosa -sottolinea il rapporto- si aggiungono quanti, pur occupati, lavorano a regime ridotto”. Sono risultate circa 310 mila le persone che nella settimana in cui sono state intervistate non hanno lavorato mentre circa 415 mila l’hanno fatto ma per meno ore del solito.

Si tratta per lo più di lavoratori dipendenti, in Cassa integrazione o mobilità (quasi 350 mila) e sono concentrati soprattutto al Nord (65,0%), segno di come in quest’area del Paese “il sistema, che pure ha tenuto -sottolinea il Censis- stia però registrando preoccupanti segnali di affanno”.