Mps, Mussari e Baldassarri accusati di “truffa”. Le “bugie” su Jp Morgan a Bankitalia

Pubblicato il 29 Gennaio 2013 - 10:25| Aggiornato il 10 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

SIENA – Giuseppe Mussari e Gianluca Baldassarri sono “indagati” per “truffa nei confronti degli azionisti del Montepaschi“: la notizia appare su Repubblica e La Stampa. E il Sole 24 Ore rincara la dose sul caso: “Mps fornì alla Banca d’Italia dati fittizi per garantirsi l’ok all’acquisizione di Antonveneta“. 

Manager e funzionari di Mps avrebbero anche intascato per diversi anni “tante piccole stecche“, scrive La Stampa: “circa 20 milioni di euro che il Baldassarri avrebbe fatto rientrare in Italia grazie ai tre scudi fiscali realizzati nel corso degli anni dal 2001″.

Per quanto riguarda il reato di truffa è contestato non solo all’ex presidente di Mps e dell’Abi Mussari e al direttore dell’area finanziaria di Mps fino al 2012 Baldassarri, ma anche agli altri vertici della banca senese coinvolti nell’inchiesta: in tutto gli indagati sarebbero una decina. Tutti coinvolti nell‘acquisizione di Antonveneta e dei titoli tossici che hanno portato al dissesto della banca.

Le accuse di truffa si aggiungono a quelle di aggiotaggio, turbativa e ostacolo agli organi di vigilanza. 

Le ultime novità riguardano diverse denunce presentate dagli azionisti di Monte dei Paschi di Siena tra il 2008 e il 2011, denunce presentate sia alla Consob sia alla Banca d’Italia. Secondo quanto scrive Repubblica si tratta di “due esposti denuncia che portano la data del 6 marzo 2008 e 19 giugno 2011. Due denunce spedite per raccomandata, con tanto di mittente e di “eccellenti” destinatari: la Banca d’Italia e la Consob”.

I vertici di Mps, scrive anche il Corriere della Sera, “nascosero gli azionisti le operazioni sui derivati che dovevano servire a ripianare il debito causato dall’acquisto di Antonveneta”.

In particolare nel mirino della Procura è finito il ruolo di Mussari nell’accordo con Jp Morgan. L’acquisizione di Antonveneta, per essere legittima, doveva rispettare i coefficienti patrimoniali, cioè i requisiti che mettono al riparo dai rischi bancari. In realtà, scrive il Sole 24 Ore, “non sarebbe andata così”.

Nel gennaio del 2008 Mps vara un aumento di capitale da un miliardo riservato a Jp Morgan: proprio grazie a quell’aumento di capitale, e al fatto che Jp Morgan appariva come socio sostanziale e non solo formale, i ratios patrimoniali della banca senese restano a livello 8. In altre parole quell’aumento di capitale avrebbe consentito a Mps di apparire finanziariamente più solida.

L’aumento di capitale viene sottoscritto grazie ai soldi raccolti collocando obbligazioni convertibili in azioni Mps, i cosiddetti Fresh (acronimo di Floating Rate Equity-linked Subordinated Hybrid Preferred Securities). I Fresh sono delle obbligazioni convertibili in azioni ordinarie subordinate, cioè in caso di default dell’emittente vengono rimborsate solo dopo i bond tradizionali, e la cedola può essere incassata solo se Mps stacca il dividendo agli azionisti. In quel caso Mps emette le obbligazioni Fresh attraverso la Bank of New York di Lussemburgo e le destina agli investitori istituzionali.

Solo che l’aumento di capitale non sarebbe stato in verità “puro” come comunicato a Bankitalia, ma ottenuto attraverso l’emissione di strumenti innovativi di capitale. In pratica si trattava di un prestito che lasciava a Mps il rischio d’impresa, visto che spettava proprio alla banca senese pagare la cedola di interessi dei Fresh. Un prestito che quindi rendeva Jp Morgan socio solo formalmente.

Il 23 settembre del 2008 a Rocca Salimbeni arriva la lettera di Bankitalia in cui si chiedono chiarimenti su quest’operazione. Risponde l’allora direttore generale Antonio Vigni: “In ordine all’assorbimento delle perdite, Jp Morgan ha acquistato le proprietà delle azioni senza ricevere alcuna protezione esplicita o implicita dalla banca”, riporta il Corriere della Sera.”I corrispettivi riconosciuti a Jp Morgan quale nudo proprietario nell’ambito del contratto di usufrutto non integrano il pagamento di un interesse sugli strumenti finanziari convertibili”.

Attraverso quest’operazione con Jp Morgan, Monte dei Paschi di Siena riesce ad apparire con i requisiti patrimoniali richiesti da Banca d’Italia e dall’Ue per avere il via libera all’acquisizione di Antonveneta.

Così Mps compra dal Banco Santander di Emilio Botin, rappresentato in Italia da Ettore Gotti Tedeschi, Antonveneta. Ma mentre Santander, nel settembre del 2007, l’aveva pagata 6,6 miliardi, due mesi dopo Mps la paga 9,3 miliardi, più oneri vari che fanno schizzare il prezzo finale a 10,3 miliardi.  L’acquisizione, con la sua plusvalenza, ha causato le perdite che i vertici di Mps avrebbero tentato di colmare con le varie operazioni di derivati Alexandria, Santorini, Enigma e Note Italia.