Pensioni 2030 Inps fa crac? Buste arancioni troppo ottimiste

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Aprile 2016 - 09:37 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni: nel 2030 assegni a rischio. Boeri troppo ottimista

Pensioni: nel 2030 assegni a rischio. Boeri troppo ottimista

ROMA – Pensioni 2030 Inps fa crac? Buste arancioni troppo ottimiste. Ci sono un paio di date cruciali per la tenuta del sistema pensionistico, due scenari realistici e allarmanti: nel 2030, quando i figli del baby boom andranno in pensione, l’Inps potrebbe non riuscire più a pagare gli assegni, nel 2040 la percentuale di pensionati rispetto ai lavoratori passerà dal 37% di oggi al 65% , cioè da 1 su 3 a 2 su 3.

Le proiezioni de La Stampa sul 2030 e quelle sul 2040 dell’Università Bicocca di Milano contraddicono l’ottimismo del presidente dell’Inps Tito Boeri e le indicazioni della cosiddetta busta arancione che assume dati di crescita purtroppo non verificabili allo stato attuale.

Pensioni 2030, l’anno zero. Quando i nati nel biennio 1964/65 compiranno 66 e 67 anni ci sarà un picco di domande di pensionamento all’Inps. L’istituto prevede una crescita media dell’1,5% del Pil, ma nel 2015 è rimasto inchiodato sotto l’1%, le stime del 2016 sono ferme all’1,2% e il 2030 è fra una quindicina d’anni, praticamente dietro l’angolo.

Il periodo più critico arriva fino al 2035. Poi, se le casse dell’Inps reggeranno, anno dopo anno la situazione dovrebbe migliorare per stabilizzarsi tra il 2048 e il 2060 […] Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, fa professione di ottimismo e snocciola diagrammi che non vedono schizzare all’insù la spesa pensionistica in rapporto al Pil. Una risalita ci sarà, dopo anni di curva verso il basso, esattamente attorno al 2030. All’Inps, infatti, ammettono che «qualche problema potrebbe esserci fino al 2032, quando il sistema sarà tutto contributivo». (Giacomo Galeazzi, Ilario Lombardo, La Stampa)

Ovvio che nella discussione generale sulla sostenibilità del sistema resti centrale la riforma Fornero del 2011, vituperata da ogni parte e sempre in procinto di essere rivista, ma che intanto, insieme alla riforma del 2007, produrrà un risparmio di 30 miliardi di euro l’anno per i prossimi 15 anni (lo ha rilevato la Corte di Conti). «Con la disoccupazione che abbiamo e la mancata crescita economica, in un’Italia sempre più anziana, l’Inps rischia di saltare entro 15 anni. L’Inps presuppone il canonico 1,5% di crescita del Pil, ma chi l’ha detto che sarà così?”, segnala Raffaele Marmo, già collaboratore dell’ex ministro del Welfare Maurizio Sacconi e poi della stessa Fornero.

Invecchiamento popolazione irreversibile. «Il rapporto tra la popolazione attiva (20-65 anni) e i pensionati si raddoppierà nel giro di una generazione. La percentuale di pensionati rispetto ai lavoratori passerà dal 37% di oggi al 65% nel 2040 (da 1 su 3 a 2 su 3)», segnala invece Gian Carlo Blangiardo, ordinario di Demografia all’Università Bicocca di Milano. L’irreversibile processo di invecchiamento della popolazione italiana, cioè, raddoppierà il carico delle pensioni. Il problema dell’invecchiamento si potrebbe risovere demograficamente, “sempre che prima del 2050 l’Inps non scoppi”, aggiunge Blangiardo.