Scandali e potere delle agenzie di rating, arbitri potenti e indiscussi della finanza mondiale

Pubblicato il 30 Aprile 2010 - 13:12 OLTRE 6 MESI FA

Conflitti di interesse, analisi superficiali, informazioni distorte. Sono solo alcune delle accuse rivolte alle potenti agenzie che gestiscono le operazioni di rating a livello mondiale, le cui attività sono sempre più al centro di numerosi scandali economico-finanziari che le vedono dalla parte del “truffatore consapevole”, di colui che gestisce i destini del mondo. Non soltanto economico.

Lo scandalo. Il procuratore generale dell’Ohio, ultimo caso di questo tipo solo in ordine di tempo, Richard Cordray, ha portato in giudizio proprio le tre grandi società di rating Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch. L’accusa è di frode ai danni di cinque fondi pensione dei dipendenti statali. Le società avrebbero fornito informazioni distorte sull’affidabilità di alcuni investimenti, provocando un danno da 457 milioni di dollari.

Le agenzie si difendono – sono tutte “accuse campate per aria” secondo S&P – ma in caso di condanna rischiano di dover pagare centinaia di milioni di dollari. La portata dello scandalo delle agenzie non accenna in nessun modo a diminuire se lo stesso premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, è giunto a sollecitare una riforma profonda del sistema e soprattutto se il tema ha raggiunto il tavolo del Congresso americano.

In particolare il Congresso ha previsto nelle bozze dell’attesa riforma finanziaria del Paese che vi sia una vigilanza più severa da parte della Sec (la Consob americana) e si faciliti ogni possibile azione giudiziaria contro le agenzie di rating. “Il 93% dei titoli che nel 2006 ebbero il rating Aaa, ovvero il massimo – denuncia ancora il premio Nobel dell’economia Paul Krugman – in seguito sono stati declassati al rango junk, spazzatura”, a dimostrazione che le agenzie sbagliano, e al loro sbaglio è legato il mercato globale.

Il conflitto di interesse. Centrale resta poi il problema del conflitto di interesse di queste agenzie, su cui preme la dura protesta dell’opinione pubblica americana colpita dalla crisi finanziaria e in cerca di presunti colpevoli. Giudicare l’emissione di una banca ed essere pagati da quella stessa banca o valutare prodotti finanziari di cui le agenzie stesse appaiono produttori o promotori appare ormai un nodo da sciogliere al più presto.

Coloro che vi hanno lavorato non risparmiano parole dure. Arturo Cifuentes, ex dirigente di Moody’s definisce “una vergogna il modo in cui le agenzie di rating stabiliscono le loro pagelle sul credito, i voti di solvibilità”. Eric Kolchinsky, anche lui manager pentito di Moody’s, pronuncia la parola “frode”. Frank Raiter che ha lavorato per Standard&Poor’s parla di “oligopolio che accumula profitti grazie al ruolo di arbitri”. Alcune e-mail circolate dentro S&P descrivono il rapporto tra quest’agenzia e la banca Goldman Sachs come “la sindrome di Stoccolma”, ovvero quella dell’amore dello sfruttato per lo sfruttatore.

Il loro ruolo nella crisi Greca. Lunedì S&P’s ha ridotto il voto sulla Grecia a livello «spazzatura», con ulteriori prospettive negative, proprio mentre il governo di Atene stava negoziando nuove misure di risanamento e nel mercato cresceva il panico. Quindi un duro colpa anche a Lisbona e a Madrid, in un momento così delicato che anche il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ora chiede un arbitro «indipendente» e «europeo».

Screditati ma anche sempre più potenti, i signori del rating, così potenti da riuscire a modificare con un declassamento o un voto l’intero andamento dei mercati, facendoli precipitare nella sfiducia. Chi sono e come operano dunque quelle agenzie che hanno declassato il debito pubblico della Spagna gettando nell’allarme “contagio” l’intera Europa e persino i lontani Stati Uniti?

Come operano gli arbitri della finanza. Le pagelle delle agenzie di rating sui titoli a lungo termine, vanno dal voto Aaa, pari alla “massima stabilità”, fino alla D, che significa “in perdita”, passando per un rating alto e medio, giù fino al “rischio di perdere il capitale”.

Un declassamento non significa l’anticamera della bancarotta. Ma quasi automaticamente fa salire i rendimenti necessari per collocare buoni del Tesoro sul mercato. Quindi aumenta il costo del debito pubblico. Chi mai ha dato questo potere smisurato a Moody’s & company? “In breve – dice l’economista Lawrence White della New York University riportato dal quotidiano la Repubblica – la risposta è: i governi stessi”.

Eppure agenzie sono società private a scopo di lucro.

La storia. Le agenzie di rating, che oggi sembrano seguire i mercati e amplificarne i crolli nascono all’inizio del Novecento con la funzione di guida e di orientamento di quello stesso mercato. John Moody inventa i primi rating nel 1909 con un’applicazione limitata. Il suo “Manual of Railroad Securities” è un annuario delle 200 compagnie ferroviarie americane, a ciascuna delle quali corrisponde un giudizio sulla solidità di bilancio. Una guida per i risparmiatori americani di allora che volevano investire in obbligazioni ferroviarie. Un’idea di successo, così nel 1916 nasce la Standard Company (poi fusa con Poor’s), quindi Fitch negli anni Venti e poi l’allargamento ad altre categorie di obbligazioni. Dopo il crac di Wall Street del 1929, l’authority americana di vigilanza sulle banche (Comptroller of the Currency) nel 1936 per limitare la speculazione ordina che gli istituti di credito comprino solo obbligazioni dotate di un “voto d’investimento”, un rating. Il potere aumenta, finchè l’organo di controllo della Borsa americana, la Sec, riconosce addirittura le tre agenzie come “Nationally Recognized Statistical Rating Organizations”. In sostanza i detentori del giudizio unico e indiscutibile sulla salute della finanza.

Un voto, il loro, che diventa indispensabile e centrale nell’ambito del mercato globale, nel momento “fatidico” in cui un’azienda voglia mettere sul mercato un’obbligazione per finanziarsi. Molte categorie di investitori inoltre, per legge possono comprare solo titoli che abbiano un rating, come le o le compagnie assicurative. La crisi del 2008 non ha cambiato le cose, o almeno non del tutto. Nel maggio 2009, infatti, la minaccia che Standard&Poor’s potesse togliere una “a” alla Gran Bretagna, ha fatto precipitare del 3% in poche ore la Borsa di Londra.

Potere delle tre sorelle, al quale oggi gli stati di tutto il mondo stanno cercando di porre un freno ma al quale nessuno di loro riesce ancora a sottrarsi. Eppure lo scandalo ormai è in atto e la sua parola chiave è corruzione.

Le accuse di corruzione. E’ corruzione ad esempio quella documentata dallo studio legale Grais & Ellsworth nella bancarotta della banca Lehman. “Dietro compenso, le agenzie di rating sceglievano i titoli tossici che la banca collocava sul mercato e poi a quei titoli davano loro il voto”. Le “triple a” si sprecavano, anche se dietro quelle obbligazioni c’erano crediti irrecuperabili legati ai mutui subprime. Lo stesso direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, invita oggi a “non credere ciecamente al verdetto delle agenzie di rating”.

Intanto le dominatrici del rating non smettono di guadagnare. Moody’s ha un margine di utile del 37%. Le tre sorelle continuano ad arbitrare la finanza, con profitto e senza rischi. Almeno per loro.