L’Europa riscrive Maastricht, Berlusconi fa scena muta

di Lucio Fero
Pubblicato il 7 Febbraio 2011 - 12:52 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’Europa riscrive Maastricht, Berlusconi fa scena muta: è la cronaca-sintesi dell’ultimo vertice tra capi di Stato, appena la scorsa settimana. E a marzo il nuovo “trattato europeo”, i nuovi “parametri” saranno nero su bianco, inchiostro politico ed economico, chissà se per allora il governo di Roma avrà trovato parole e cifre da scrivere. Raccontare all’Italia che la Merkel e Sarkozy stanno cambiando i connotati alle regole europeee è considerata impresa inutile o disperata, roba “tecnica” che non scalda e non interessa la pubblica opinione. Il governo Berlusconi accompagna e coltiva il medesimo disinteresse. Eppure tutto sta per essere “toccato” e cambiato. Tutto, comprese le finanze pubbliche e il portafoglio privato dei cittadini europei.

Il premier tedesco e quello francese hanno disegnato tre nuovi “parametri” dove una volta c’erano solo quelli relativi al deficit pubblico, non più del tre per cento annuo sul Pil, e al debito pubblico, non più del 60 per cento del Pil. La prima era una regola da rispettare davvero anche se spesso violata, la seconda solo una raccomandazione-esortazione. Ora i nuovi parametri, parametri per stare in Europa, stabiliranno un rapporto da raggiungere e rispettare tra costo del lavoro e produttività, un limite-confine da non varcare all’indebitamento degli Stati e una percentuale del Pil nazionale da destinare obbligatoriamente alla ricerca, all’educazione e alle infrastrutture.

Per star dentro questi parametri tutti i paesi dell’Unione dovranno realizzare sei riforme in dodici mesi dall’approvazione dei parametri stessi.

Prima: Abolizione, dove sussista come ad esempio in Spagna, di un legame automatico e fisso tra salari e inflazione, insomma la “scala mobile”. Di questa riforma l’Italia non ha bisogno, l’automatismo da tempo non c’è più.

Seconda: Riconoscimento reciproco tra gli Stati europei della validità dei titoli di studio al fine di consentire la massima mobilità del lavoro anche tra paese e paese. Molte le prevedibili resistenze in Italia.

Terza: Base unica dell’imposizione fiscale per le aziende. L’Italia ha una delle maggiori pressioni fiscali europee sulle aziende.

Quarta: Revisione dei sistemi pensionistici in modo da spostare in tutta l’Unione l’età del pensionamento. L’Italia lo ha già fatto almeno in parte.

Quinta: Stesso regime in caso di crisi bancarie. L’Italia non si è mai posta un simile problema.

Sesta: Inserimento in Costituzione di un limite all’indebitamento. E’ quello a cui la Germania tiene di più. I tedeschi l’hanno inserito nella loro Costituzione ed esigono che gli altri paesi facciano altrettanto per non trovarsi a dover garantire e pagare non tanto e non solo i debiti altrui quanto l’altrui fabbrica del debito. E’ il punto più dolente per l’Italia che non solo ha il debito pubblico più alto, circa il 120 per cento del Pil, quanto la più radicata abitudine politica e sociale a creare debito. Un limite in Costituzione cambierebbe la “Costituzione materiale” del paese e renderebbe impraticabili sia le promesse del centro destra di sgravi fiscali senza minor spesa pubblica corrente, sia la politica economica del centro sinistra che fa della spesa pubblica una “variabile indipendente”. Con un blocco in Costituzione dell’indebitamento di Stato, da Berlusconi a Vendola, passando per Bossi, tutte le strategie di spesa diventerebbero impossibili e da rivedere.

Di fronte a questo nuovo trattato europeo in fase di stesura cosa ha detto il premier italiano e qual è la posizione del governo italiano? Berlusconi non ha detto nulla, né nell’incontro informale con i giornalisti, né in conferenza stampa e neanche durante il vertice con i capi di Stato e governo. Nulla ha detto il suo staff, nulla il ministro dell’economia Tremonti o degli esteri Frattini. Scena muta generale. Distratti dalla casalinga tempesta Bunga-bunga? E’ la spiegazione più semplice, ma è troppo semplice: la scena muta consegue al fatto che l’Italia non può dire di no ma, se dice sì, allora deve cambiare se stessa. Troppo impegnativo, troppo stress per Berlusconi, il governo, l’opposizione, la pubblica opinione. Meglio star zitti, sordi e anche un po’ ciechi.