Spending review. Addio a 216 ospedali piccoli. Taglio di 18 mila posti letto

Pubblicato il 4 Luglio 2012 - 10:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Entro tre mesi verranno chiusi 216 ospedali “piccoli”, vale a dire i nosocomi con meno di 120 posti letto, per un totale di 13591 posti letto in meno. A questi ultimi ne andranno aggiunti, nel senso di tagliati, altri 16400 posti letto: effetti della spending review, che prevede appunto una riduzione di circa 18 mila posti letto, che negli ospedali pubblici italiani dovranno passare da 252mila a 234mila. La razionalizzazione della spesa sulla salute pubblica si fonda su un taglio netto del fondo sanitario nazionale di cinque miliardi in tre anni (uno nel 2012 e due nel 2013 e nel 2014, coperti per circa la metà dalla mini-scure su farmacie convenzionate e produttori di medicinali, oltre che dagli interventi di Bondi per ridurre la spesa per acquisti).

Non è tutto: oltre ai tagli previsti dalla spending review, il 31 ottobre dovrà essere firmato il “Patto per la salute”, una misura che conta di risparmiare altri due miliardi di euro, a partire dal nodo delicatissimo dei ticket sanitari. Il ministro della Salute Balduzzi, in disaccordo però con le Regioni e lo stesso Ministero dell’Economia, vorrebbe infatti trasformare in pagamento a franchigia delle singole prestazioni a seconda delle fasce di reddito ancorate all’Isee. In pratica, prestazioni non più erogate a tutti, ma a ciascuno secondo i propri livelli di redditi (l’Isee è l’indicatore che identifica la ricchezza).

La cura dimagrante imposta dalla spending review riguarda anche l’acquisto di beni e servizi. I contratti in vigore delle Asl (beni e servizi ma non i farmaci) saranno decurtati “linearmente” del 5% (ma per i dispositivi medici varrà solo nel 2012). Se i prezzi dovessero essere superiori del 20% ai valori medi dei prezzi di riferimento, le Asl dovranno rinegoziare i contratti o sarà chiesto di recedere dagli accordi. In generale, la riduzione dei posti letto, prevista già dal Patto per la Salute, concorrerà ad abbassare la dotazione totale di posti letto al 3,7 per mille, incluso lo 0,7 per mille di lungodegenze e riabilitazioni. Importante il corollario che descrive la strategia complessiva: “adeguando coerentemente le dotazioni d’organico”. In sintesi, meno posti letto, meno personale medico e paramedico.

Ovviamente le polemiche si concentrano, in termini politici, su quello che è considerato un ulteriore colpo del governo al welfare state e alla spesa sociale. Più pragmaticamente ci si preoccupa della fase di transizione: anche chiudendo gli ospedali con meno di 120 posti letto, è già pronto un piano alterativo per garantire cure e prestazioni? Per esempio, sarà rispettata la “golden hour”, cioè la possibilità di raggiungere un ospedale da qualsiasi località del Paese in 45 minuti?

Comunque, chiuderanno 38 ospedali in Sicilia, 26 in Lombardia e Lazio, 25 in Calabria, 22 in Campania, 18 nelle Marche, 13 in Toscana, 10 in Abruzzo ecc… Ad esempio in Liguria andranno persi 500 posti letto.

Dunque un colpo di spugna sul piccolo ospedale di Bordighera che arriva a malapena a 90 posti letto; sull’ospedale San Giuseppe di Cairo che sfiora i 100; sul nuovo ospedale di Rapallo progettato per 145 degenti, ma per ora aperto solo a 114. Una riga nera anche su due ospedali di Genova: il Gallino di Pontedecimo che ha appena 70 posti di degenza ma che la gente della Valpolcevera ha sempre lottato con i denti e con le unghie per conservarlo; e via anche il padre Antero Micone di Sestri Ponente che con poco meno di 120 posti rientrerebbe a pieno titolo nei tagli alla spesa del governo Monti che, così, azzera i cosiddetti presidi ospedalieri “sotto casa”.

In Toscana gli ospedali in bilico si trovano a Fivizzano (Ms), Pontremoli (Ms), Barga (Lu), Castelnuovo Garfagnana(Lu), San Marcello (Pt), Volterra (Pi), Portoferraio (Li), Casentino (Ar), Valtiberina (Ar), Valdichiana (Ar), Orbetello (Gr), Pitigliano (Gr), Casteldelpiano (Gr), Figline Valdarno (Fi)