Spread tra 400 e 500 costa 10 mld in più l’anno: come all’inizio dell’era Monti

Pubblicato il 16 Luglio 2012 - 11:16 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Oscillante tra i 400 e i 500 punti, lo spread tra rendimenti Btp a 10 anni ed equivalente titolo tedesco, ci costa 10 miliardi di euro in più di spesa per interessi nell’anno in corso. Anche oggi lo spread ha iniziato la settimana a 481 punti, una tendenza che potrebbe essere ancora più stressante ad agosto (e dopo il declassamento di Moody’s), mese cruciale nei mercati che storicamente in questa parte dell’anno sono più leggeri, nel senso che pochi spostamenti di risorse possono spostare significativamente equilibri, quotazioni e rendimenti. Insomma tutti gli sforzi che ci consentiranno il sostanziale pareggio di bilancio nel 2013, grazie a un avanzo primario del 4,9% (al netto della spesa per interessi), sembrano pregiudicati dalla zavorra del maggior onere annuo per interessi sul debito.

Più o meno siamo tornati alla situazione drammatica del dicembre scorso quando il Governo prevedeva una spesa per interessi nel 2012 di 94 miliardi, cioè una porzione del 5,8% del Pil che se ne va in fumo solo per finanziarsi sul mercato. Ancora ad aprile le stime erano di altro segno, quando l’andamento dello spread era meno penalizzante: la stima era una spesa per interessi passivi di 80 miliardi. Una differenza di 14 miliardi alleggerita dal miglior andamento dello spread dei primi mesi dell’anno: 10 miliardi di euro in più, quindi.

Dicevamo di agosto. Con questo livello di spread si tratta veramente di un appuntamento decisivo. L’annuncio da parte del neo ministro dell’Economia Grilli di una rapida procedura per dismettere patrimonio pubblico, attraverso l’alienazione di immobili e partecipazioni statali, è l’unica strada che ci resta per aggredire il debito ed è anche una delle misure più apprezzate dai mercati, e dalle agenzie di rating. Privatizzare non si fa dall’oggi al domani, senza contare che il mercato immobiliare è in questo momento tutt’altro che favorevole, si rischia di svendere senza adeguate valorizzazioni.

Ma se il rinnovato annuncio di Grilli, che promette dismissioni da 10/15 miliardi di euro l’anno, non sarà accolto con la dovuta considerazione, ad agosto rischiamo di ballare di brutto. Monti potrebbe dover accedere allora allo scudo anti-spread per non dover varare altre manovre correttive e deprimere ulteriormente le aspettative di una crescita sempre più depressa (-2% invece che l’1,2% stimato dal Governo ad aprile). Ma a quali condizioni? L’ultima intervista rilasciata da Angela Merkel sembra chiudere ogni spazio a possibilità diverse dal principio che la solidarietà si accompagna ai controlli.

Per un presidente del Consiglio che legittima la sua credibilità e la sua posizione come unico garante presso l’Europa della stabilità economica del Paese, dover aprire le porte degli uffici economici alla famigerata troijka (Ue, Fmi, Bce) sarebbe uno smacco colossale. Commissariare il commissario farebbe ripiombare l’Italia nel tunnel spagnolo, se non  greco. E’ talmente vera la presa mortale dello spread e quindi la spesa per interessi passivi, che con questi bilanci in linea e senza nuovo debito, basterebbe una crescita del Pil intorno al 2,5% per una riduzione automatica del debito pubblico. Tra aumento della pressione fiscale, tagli e spending review era del tutto messa in conto la contrazione della crescita, non a questi livelli però.