Tasse e tabacco, è allarme: con riforma delle accise un miliardo in meno per le casse dello Stato

di redazione Blitz
Pubblicato il 20 Settembre 2017 - 07:05 OLTRE 6 MESI FA
Tasse e tabacco, è allarme: con riforma delle accise un miliardo in meno per le casse dello Stato

Tasse e tabacco, è allarme: con riforma delle accise un miliardo in meno per le casse dello Stato

ROMA – Tasse e tabacco, è allarme in Italia a due anni dall’entrata in vigore delle nuove regole sulla tassazione. La riforma delle accise si è trasformata in un boomerang con una riduzione del gettito fiscale, che nel solo mese di luglio è sceso del 2,2%. Significa che nelle casse dello Stato sono entrati 21 milioni di euro in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E la tendenza dura da tempo: da gennaio a luglio il calo è stato del 2,3%: cioè 146 milioni di euro in meno rispetto al primo semestre 2016. L’amaro bollettino emesso dal Ministero dell’Economia è stato oggetto di uno studio presentato martedì 19 settembre, a Roma dal Centro Studi Casmef dell’Università Luiss Guido Carli. Lo studio, realizzato con il contributo di British American Tobacco Italia, analizza la situazione a poco più di due anni dall’entrata in vigore delle nuove norme e mette a confronto l’impatto della riforma fiscale italiana del 2015 e quella implementata in Grecia nel 2012, per evidenziare luci e ombre degli interventi effettuati nei due Paesi e per tracciare possibili soluzioni per il futuro.

“La riforma del 2015 – spiega il Prof. Marco Spallone, vicedirettore del Casmef – ha garantito almeno inizialmente la stabilità del sistema, seppure entro certi limiti, fino al momento in cui gli interventi discrezionali sono stati improntati alla moderazione, all’equilibrio e alla gradualità. L’inasprimento del carico fiscale posto in essere nel giugno 2017 è avvenuto in modo drastico e repentino, con una perdita di gettito già nel primo mese di applicazione (luglio 2017), rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 2,2% (ovvero, -21 milioni di euro). E nel periodo gennaio-luglio 2017 il calo è stato del 2,3%, con -146 milioni di euro di entrate rispetto al primo semestre 2016, secondo il bollettino delle entrate del Mef aggiornato a luglio. E purtroppo il Governo stima per l’anno 2017 un decremento complessivo pari a circa 1 miliardo di euro in minori entrate per le casse dello Stato, rispetto alle previsioni della Legge di Bilancio 2016″.

“A nostro avviso – prosegue Spallone – sarebbe necessario un nuovo intervento normativo, per assicurare certezza del gettito e per fornire agli operatori del mercato prospettive stabili e prevedibili, riducendo la discrezionalità degli interventi e implementando regole certe, almeno per il medio termine, definendo un vero e proprio Calendario fiscale delle Accise”. È questa la conclusione a cui è giunto lo Studio dal titolo “Le riforme del mercato del tabacco in Italia e in Grecia: verso un calendario fiscale”, curato dai professori Marco Spallone, Stefano Marzioni e Alessandro Pandimiglio.

La ricerca, edita da Minerva Bancaria e presentata oggi a Roma nella Sala delle Colonne della Luiss in presenza degli stessi autori, di Pasquale Lucio Scandizzo, docente di Politica economica e Senior Fellow presso Fondazione Economia, Università di Roma Tor Vergata, e del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, rappresenta nel nostro Paese un raro esempio di VIR, Valutazione dell’Impatto Regolatorio. Ovvero una minuziosa verifica ex post degli effetti della riforma della tassazione sui tabacchi avvenuta in Italia nel 2015.

Lo stesso studio, inoltre, ha tracciato in parallelo un confronto con la Vir realizzata sulla riforma fiscale emanata in Grecia nel 2012 e ha analizzato le riforme attuate in Germania nello stesso settore, allo scopo di individuare possibili alternative regolatorie utili a garantire certezza di gettito allo Stato e sostenibilità del mercato, senza alterarne gli equilibri.

“Dalle analisi che abbiamo condotto – spiega ancora il Prof. Spallone – riconosciamo sostanzialmente un buon funzionamento della regolamentazione, almeno nei primi due anni della sua applicazione: questo perché nel biennio 2015-2016 sono stati stabilizzati i volumi e il gettito, il contrabbando è stato tenuto sotto controllo e sono state rispettate le dinamiche competitive presenti sul mercato. Tuttavia non sono mancate criticità rilevanti e risultati in chiaroscuro. Tra questi la vaghezza dei presupposti previsti dalla legge per gli interventi discrezionali sui parametri della tassazione, l’applicazione di misure drastiche e non graduali, interventi dettati dall’emergenza ed effettuati senza tenere conto dell’impatto progressivo della riforma e di altri fattori previsti dalla legge per attivare le clausole discrezionali, come l’elasticità e l’andamento del mercato e della domanda. Senza prevedere, infine, i necessari aggiustamenti della normativa sulla base del suo effettivo andamento, numeri alla mano. Su questo si dovrebbe e si potrebbe intervenire, guardando alle stime al ribasso delle entrate fiscali per il 2017 e ai numeri del MEF”.

La riforma sulle accise dei tabacchi emanata nel 2015 ha modificato la metodologia per il calcolo dei tre parametri fondamentali della tassazione, legandola strettamente all’evoluzione del prezzo medio ponderato o PMP (l’aliquota base è stata portata al 58,7% del PMP; la specifica è stata innalzata al 10% ed è stato introdotto un onere fiscale minimo pari a 170 euro per kilogrammo (1.000 sigarette). A due anni di distanza dall’introduzione di questa riforma fiscale, l’andamento del gettito è rimasto sostanzialmente stabile e in linea con l’andamento del mercato. Le scelte inizialmente operate dal legislatore hanno consentito un inasprimento del carico fiscale senza distorcere la dinamica concorrenziale sul mercato: lasciando di fatto ai consumatori, in un primo tempo, la possibilità di accedere ad un ampio e diversificato spettro di prodotti.

Nonostante un buon impianto di base, la riforma si è, per altri aspetti, rivelata carente: eccessivi spazi di discrezionalità lasciati all’Amministrazione competente hanno determinato imprevedibilità e incertezza di medio periodo circa le politiche fiscali, spingendo i diversi produttori a esercitare forti pressioni per la tutela dei propri interessi economici e mettendo in pericolo la stabilità del gettito. I primi mesi del 2017, infatti, sono stati caratterizzati nel nostro Paese da una grande incertezza che ha comportato ritardi nell’adeguamento dei parametri e conseguente perdita di gettito. E a causa della preoccupante situazione dei conti pubblici, l’intervento posto in essere nel giugno del 2017 si è concretizzato in un aumento del carico fiscale drastico e non graduale, soprattutto sulle sigarette delle fasce di prezzo più basse (attraverso l’innalzamento dell’aliquota di base dal 58,7% al 59,1%, l’aumento della componente specifica di mezzo punto percentuale portata al 10,5% e l’innalzamento dell’onere fiscale minimo, portato a 175,54 euro/kg).

Le decisioni sulla fiscalità del tabacco sono state prese in condizioni di urgenza, appaiono sbilanciate a discapito delle fasce di prezzo più basse e non sono stati previsti aggiustamenti in corso d’opera sulla base dell’effettivo andamento del mercato a seguito della riforma, ma solo legati all’adeguamento automatico del Prezzo Medio Ponderato (PMP). “Per questi motivi, una possibile soluzione per ridurre i margini di incertezza, garantire la certezza delle entrate per lo Stato e ancorare le aspettative degli operatori ad un parametro oggettivo per una reale sostenibilità del sistema – afferma il CASMEF – potrebbe essere una pianificazione condivisa e il più possibile certa nel medio-lungo termine, ad esempio 5 anni. In sostanza un ‘calendario fiscale delle accise’, che includesse trasformazioni graduali ed equilibrate e che facesse riferimento alla storia del settore in Italia e ad altre esperienze internazionali di successo”.

Dello stesso parere anche Andrea Conzonato, presidente e Ad di BAT Italia: “Un ‘calendario fiscale delle accise’, prima ancora che uno strumento utile, è un principio di civiltà giuridica. Oggi i grandi investitori internazionali sono alla ricerca di luoghi stabili in cui effettuare investimenti. Nel nostro Paese l’eccessiva burocrazia, una giustizia troppo lenta, infrastrutture spesso carenti ma, soprattutto, l’incertezza giuridica e regolatoria, rendono l’Italia un posto meno appetibile per i grandi investimenti. Auspico che parole come ‘certezza’, ‘prevedibilità’ e ‘sostenibilità’ possano ispirare le future scelte di Governo, per consentire all’Italia di continuare a crescere, competere e attrarre investimenti che garantiscano miglioramenti strutturali e prosperità all’economia del nostro Paese”.

IL CASO “FALLIMENTARE” DELLA GRECIA In mancanza di regole certe e di interventi graduali, è impossibile garantire stabilità fiscale ed entrate erariali prevedibili per qualsiasi Stato. Emblematico è il caso della Grecia, dove la riforma fiscale emanata negli anni scorsi – ed entrata in vigore in un momento di grave instabilità economica per l’intero paese – ha da subito annullato la sostenibilità del mercato, rompendo equilibri consolidati e affossando il gettito, nonché favorendo lo sviluppo di un fiorente mercato illegale. Con un ribaltamento dello schema delle accise, che da prevalentemente proporzionale è diventato prevalentemente specifico, la riforma fiscale greca del 2012 ha determinato un repentino maggiore carico fiscale sui prodotti di prezzo basso, privando i consumatori di alternative meno costose e favorendo, di conseguenza, una crescita esponenziale del contrabbando. L’assenza di gradualità nell’applicazione del nuovo schema fiscale ha fatto il resto: gli operatori di mercato sono passati immediatamente da una specifica pari a 20,37€/’000 ad una pari a 80€/’000, senza un percorso di avvicinamento progressivo a tale valore. Ne sono conseguite variazioni di prezzo repentine per i prodotti di prezzo basso, che hanno rappresentato uno shock per i consumatori, riducendo i volumi e favorendo il contrabbando, che ha raggiunto il secondo più alto livello in Europa con una perdita in termini di mancate entrate fiscali, nel solo 2016, pari a 600 milioni di euro.

Infatti la riduzione del price gap, ossia del differenziale di prezzo tra i prodotti di fascia alta e quelli di fascia bassa, ha escluso una significativa porzione della domanda dal mercato legale e, a seguito della riforma, è stata infatti registrata una progressiva e sempre più ampia uscita della domanda dal mercato lecito. L’assenza di un prodotto legale a un prezzo accessibile ha così generato un forte incremento della domanda di prodotti venduti attraverso canali non ufficiali (il cd Duty Not Paid – DNP), acuendo le criticità del mercato, favorendo le organizzazioni criminali e riducendo fortemente la tutela dei consumatori. Secondo stime KPMG, tra il 2012 e il 2016 la quota di DNP in Grecia sarebbe passata dal 13,4% al 18,8%: quasi un quinto del mercato delle sigarette gestito al di fuori dei canali ufficiali. Gli ultimi dati disponibiliiv segnalano addirittura un ulteriore incremento al 20,7%. La riforma greca, nel complesso, non ha quindi generato i risultati attesi al momento della sua entrata in vigore: il mercato si è rivelato instabile e un intervento sull’intero settore appare oggi inevitabile per evitarne il collasso. Volumi e gettito hanno continuato a contrarsi negli anni successivi alla riforma e il mercato illegale ha visto crescere il proprio giro di affari in modo esponenziale. “Il caso ‘fallimentare’ della Grecia – sottolinea il CASMEF – dimostra la necessità di una transizione graduale verso un sistema fiscale prevalentemente basato sulla componente specifica delle accise, nel rispetto degli equilibri competitivi del mercato che, una volta artificialmente rotti, sono difficili da ricomporre con gravi danni anche per il gettito erariale”.

LA GERMANIA: UN ESEMPIO DI SUCCESSO Tra il 2002 e il 2005, il Governo tedesco decise di incrementare rapidamente e in maniera molto significativa la tassazione sulle sigarette, per far fronte a sopravvenute esigenze di bilancio. L’accisa (completamente specifica nel sistema tedesco) è cresciuta in quattro anni del 71%, raggiungendo un’incidenza del 62,3% sul prezzo medio. I maggiori oneri fiscali hanno spinto il prezzo medio di un pacchetto da 20 ad aumentare del 51%. Come contraccolpo, la domanda ha subito una contrazione, nello stesso periodo, pari quasi a un terzo del mercato, portando come conseguenze un forte orientamento dei consumatori verso prodotti a basso prezzo (compreso il tabacco sfuso), una diminuzione del gettito al di sotto delle attese e una crescita intensa del contrabbando (passato dal 10% sul volume del lecito, nel 2003, al 24% nel 2006).

Il Governo tedesco ha deciso allora di modificare la propria strategia, indicando come priorità il contrasto al commercio illecito. Il criterio ispiratore del nuovo approccio è stato quello di assicurare una crescita adeguata del gettito, attraverso la prevedibilità e la trasparenza degli obiettivi erariali, per ridurre l’incertezza degli operatori di mercato. Nel 2010, è stata proposta l’introduzione di un modello valido per i successivi cinque anni, secondo cui la crescita dell’accisa sarebbe stata costante e legata, almeno in parte, al tasso medio di inflazione calcolato su dieci anni.

La pianificazione 2011-2015 ha portato ad un gettito complessivo superiore alle previsioni di ben 2,4 miliardi di euro. Allo stesso tempo, anche il contrasto al contrabbando di sigarette è stato efficace: si è ridotto in termini di volumi (da 21,6 a 15,2 miliardi di sigarette) e in termini di incidenza sul mercato legale (passando dal 23% nel 2011 al 19% nel 2015). “La forza del modello tedesco – conclude il CASMEF – è stata quella di introdurre incrementi graduali e moderati dell’accisa, in linea con l’andamento del livello generale dei prezzi. Il Governo tedesco non ha inteso dare ai player del mercato alcun “trattamento di favore”. Anzi: nell’ultimo decennio si è assistito ad un inesorabile inasprimento della fiscalità, che si è svolto però in maniera ordinata e prevedibile. Lo stesso disegno è auspicabile anche in Italia: definendo un calendario fiscale a 5 anni e ancorando le accise al parametro dell’inflazione media programmata, per garantire la sostenibilità fiscale e del mercato insieme a entrate erariali certe e prevedibili, consentendo agli operatori di pianificare i propri investimenti nel medio-lungo termine”.