Esodo di soldi in Svizzera, perché Roma non firma l’accordo per tassarli

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 9 Dicembre 2011 - 09:41 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Sul prelievo fiscale dei capitali trasferiti illegalmente esiste una convenzione Ocse con la Svizzera, subordinata però a un accordo di ratifica che non arriva. L’Italia, seguendo le direttive dell’Unione Europea, non lo firma. Il ministro Piero Giarda lo ha ribadito alla Camera, il governo attende un sì da Bruxelles. Il problema dei soldi in libera uscita è più che mai d’attualità. Vale la pena riprendere l’apertura di Milano Finanza di oggi (venerdì 9 dicembre): “Più che fuga è un esodo”. La testimonianza di un importante manager bancario non ammette dubbi: l’effetto della crisi dell’euro e delle drastiche misure di contenimento del debito hanno scatenato un’ondata di panico che in Italia non si ricordava dai tempi dei sequestri di persona degli anni ’70.

Stante l’impossibilità di frenare il flusso di soldi in direzione dei forzieri elvetici, la comunità internazionale, all’indomani della crisi del 2009, aveva cercato una strada diversa per tassare comunque quei capitali. Berna, stretta dalle insistenze compatte dei governi, Usa e Europa in testa, aveva accettato di firmare una convenzione Ocse per tassare i capitali senza pregiudicare il segreto bancario. In pratica: la Svizzera applica una tassa (diciamo dal 25% al 35%) sui capitali stranieri confluiti nelle sue banche a patto di conservare l’anonimato dei conti evitando l’esiziale (per la Svizzera) “fishing expeditions”, ovvero la trasmissione integrale dei dati fiscali dei clienti.

Il fatto è che la convenzione Ocse ha bisogno di una ratifica, di un trattato bilaterale tra i singoli paesi e la Svizzera. Germania e Regno Unito ne hanno approfittato all’inizio del 2011. L’accordo prevede una doppia tassazione, al 25% e al 34%. Stesso trattamento viene offerto a Italia, Francia e Grecia. L’esitazione costa cara: l’Unione Europea si mette di taverso. Per tre motivi. Primo, è necessario un accordo comune per scongiurare anomali movimenti di capitali vista la disomogeneità dei comportamenti fiscali all’interno della casa comune. Secondo, la tassazione non può scendere sotto il 35%. Terzo e più importante, gli accordi siglati pregiudicano all’infinito la possibilità di combattere l’anonimato dietro il quale gli evasori continueranno imperterriti la pratica illegale.

L’Italia non può o non vuole firmare un accordo senza aspettare il via libera europea? Secondo Dick Marty, il deputato svizzero che in settembre aveva discusso i preliminari della trattativa con l’Italia, Roma avrebbe tutto da guadagnare con la firma, ma non può permettersi in questo momento un contenzioso con l’Unione. Va considerato che, per esempio, Londra e Berlino sono riusciti a tassare capitali inglesi e tedeschi in Svizzera su un imponibile rispettivamente di 20 e 80 miliardi di euro. Le stime attuali quantificano in 150 miliardi di euro i capitali italiani depositati oltralpe. Prima che la fuga diventasse un esodo.