Eni e governo, partita aperta su Snam: a chi venderà Scaroni?

Pubblicato il 1 Marzo 2012 - 17:03 OLTRE 6 MESI FA

L'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni

ROMA – Come finirà la partita tra Eni e governo sullo scorporamento dalla rete Snam? In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Massimo Mucchetti ha spiegato che l’intesa tra Eni e gli uomini dell’esecutivo non è ancora stata trovata.

Mucchetti spiega innanzitutto che ci sarebbe stato un incontro informale tra Paolo Scaroni (ad di Eni) e Vittorio Grilli (viceministro del Tesoro, praticamente con funzioni di ministro, visto che il titolare del ministero è il premier Mario Monti):  “Un pò perché il decreto Cresci Italia, che obbliga l`Eni a dismettere il suo 52% di Snam, non è ancora stato approvato dal Parlamento. E un pò perché l’ipotesi prospettata sembra imporre uno sforzo eccessivo all’azionista di controllo, la Cassa depositi e prestiti (Cdp). Fonti ufficiali dell`Eni negano l`incontro e ribadiscono la nota preferenza per la mera separazione societaria e gestionale. Ambienti governativi, tuttavia, confermano l`iniziativa di Scaroni”.

Mucchetti spiega che ognuno cerca di portare acqua al proprio mulino: “Scaroni a cercare il massimo per l`Eni nelle circostanze date; lo Stato azionista a proteggere le pubbliche finanze e, al tempo stesso, a fare politica industriale assieme alle politiche della concorrenza che ispirano in prima battuta la decisione di separare, anche sul piano proprietario, le infrastrutture regolate di Snam dalla fornitura del gas a opera dell`Eni e delle altre imprese in regime di concorrenza”.

Ecco come, spiega Mucchetti, sembra dipanarsi la partita: “Secondo l`impostazione attribuita all`Eni, la Cdp dovrebbe costituire una società ad hoc per comprare quanto basta ad avere il controllo di fatto di Snam. Oggi, con la regola che convalida le Offerte pubbliche d`acquisto sulle società strategiche solo se superano il 75% del capitale, sarebbe sufficiente prendere; il 26% di Snam e fissare un tetto ai possessi azionari di soggetti privati come in Terna. Alle quotazioni di martedì sarebbero necessari 3,3 miliardi senza premio di maggioranza, ben di più con il premio.

La nuova società si finanzierebbe per un miliardo con capitale di rischio e per il resto- utilizzando il risparmio postale. Il capitale di rischio equivale a 2 anni di dividendi che la Cdp riceve dall`Eni e il resto a 15 anni di dividendi da Snam al netto degli interessi. Per accelerare il rimborso, si suggerisce alla Cdp di conferire alla nuova società il suo 3o% di Tema, generatrice anch`essa di dividendi. In tal modo, ai valori correnti, l`Eni potrebbe incassare 6,7 miliardi dalla vendita del 52% di Snam (una metà potrebbe andare sul mercato) e deconsolidare 11,2 miliardi di debiti finanziari”.

Ma, secondo Mucchetti, c’è un problema: “Una tale operazione garantisce la continuità del controllo pubblico su un`infrastruttura strategica. Ma al tempo stesso implica che la Cdp si ricompri una Snam già sua. Per fare questo la stessa Cdp dovrebbe impegnare 3 dei 4 miliardi delle sue attuali disponibilità impegnando per anni i dividendi nel rimborso del debito. D`altra parte, la Cdp non può disperdere le sue risorse se vuole davvero promuovere iniziative per aggredire il debito pubblico e sostenere il Fondo Strategico che ha l`obiettivo di favorire la crescita di selezionate imprese italiane e non di sistemare assetti proprietari altrimenti riformabili”.

Esiste, secondo Mucchetti, una soluzione che potrebbe andare bene sia al ministero dell’Economia che a quello dello Sviluppo:  “Sulla carta esiste un`alternativa, popolare al ministero dello Sviluppo economico ma senza ostilità nemmeno al ministero dell`Economia. Si tratta di procedere alla scissione della partecipazione Snam dall`Eni suddividendo il pacchetto azionario tra i soci della capogruppo.

In tal caso, considerando le molte azioni proprie che la società si è ricomprata negli anni, alla Cdp andrebbe il 18% della Snam. Per arrivare alla quota di sicurezza antiscalata del 26%, alla Cdp basterebbe meno di un terzo della somma ipotizzata nel piano Eni e pagabile in parte in natura affidando a Snam il gasdotto internazionale Tag, che l`Eni era stata costretta a vendere dall`Unione europea.

Soddisfatte le due priorità dell`azionista Stato (l`uso delle risorse industriali dell`Eni al servizio della politica industriale del Paese, il massimo risultato con il minimo sforzo finanziario nel conseguente riassetto delle partecipazioni), resta da chiedersi quale potrebbe essere la reazione dei mercati finanziari alle due ipotesi. Domanda non banale, ove si consideri che l`Eni è di gran lunga la più importante azienda italiana quotata in Borsa”.