Petrolio a 20 dollari (da 100)? Italia benzina sempre 1,50?

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Settembre 2015 - 10:07 OLTRE 6 MESI FA
Petrolio a 20 dollari (da 100)? Italia benzina sempre 1,50?

(Foto d’archivio)

ROMA – Da cento a venti dollari al barile: il prezzo del petrolio potrebbe presto precipitare, avverte la banca d’affari americana Goldman Sachs. Adesso il prezzo del greggio fatica a superare i 45 dollari al barile, ma questo potrebbe essere solo l’inizio di un crollo. Che però non toccherà il prezzo della benzina in Italia, con molte probabilità. Il motivo? Le accise.

Basti considerare che nel nostro Paese oggi il prezzo industriale dei carburanti è di 50 centesimi al litro, ma il prezzo pagato è tre volte tanto. C’è l’Iva del 20%, ma soprattutto, appunto, ci sono le accise, che pesano (oggi) per 0,73 centesimi.

Tra queste imposte ci sono quella sulla guerra in Abissinia del 1935, sulla crisi di Suez del 1956, sul disastro del Vajont (1963), sull’alluvione di Firenze (1966), sul terremoto del Belice del 1968 e su quello del Friuli del 1976. E poi ancora: sul terremoto in Irpinia del 1980, sulla missione italiana in Libano del 1983 e su quella in Bosnia del 1996, fino ai terremoti dell’Emilia del 2012. E presto se ne potrebbero aggiungere altre.

“Il mercato del petrolio, spiega Goldman Sachs nel report, è approvvigionato in eccesso persino più di quanto avevamo previsto e adesso stimiamo che questo surplus persista anche nel 2016″: non è chiaro quando i 20 dollari possano essere toccati, ma intanto Goldman ha tagliato le stime 2016 per il Wti da 57 a 45 dollari e per il Brent da 62 a 49,50 dollari.

Le previsioni della banca d’affari sul fronte petrolio, insegna la storia, non sempre centrano il segno: se è vero che Goldman Sachs fu capace di prevedere quotazioni sopra i 100 dollari nel 2005, è anche vero che tre anni dopo azzardò una previsione addirittura a 200 dollari che non si è mai verificata.

Certo è che la discesa dei listini potrebbe non essersi esaurita, lo indicano diversi segnali. L’Agenzia internazionale per l’energia, per esempio, ha diffuso nuove stime sulla produzione non Opec che indicano come la strategia dell’Arabia Saudita di difendere la quota di mercato del Cartello pressando i concorrenti con i prezzi bassi “sembra aver avuto gli effetti sperati”.

Secondo l’Agenzia, infatti, la produzione di petrolio dei Paesi non Opec nel 2016 subirà il maggiore calo dal 1992 a causa del crollo dei prezzi, che frena lo shale oil americano, i cui costi di produzione sono notoriamente più alti di quelli per l’estrazione convenzionale.  Le previsioni per l’anno prossimo sono ridotte di 500mila barili al giorno, a 57,7 milioni: 400mila barili in meno riguardano proprio gli Usa.

Non solo: secondo l’Aie, malgrado la domanda di prodotti petroliferi quest’anno prometta di essere la più forte dal 2010, le scorte cominceranno a scendere solo nella seconda metà del prossimo anno e il ritorno dell’Iran sul mercato internazionale, con prezzi più bassi per attirare i consumatori asiatici, non farà che gonfiare ancora di più la disponibilità sul mercato