Australopiteco Lucy primo bipede nella storia dell’evoluzione da scimmia a uomo

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 16 Febbraio 2011 - 08:17| Aggiornato il 11 Aprile 2015 OLTRE 6 MESI FA
Lucy – Australopithecus afarensis

ROMA – L’Homo erectus potrà conservare il suo nome nella storia dell’evoluzione umana, ma non il suo primato: il primo ominide ad essere effettivamente bipede fu un Australopithecus afarensis come Lucy, la celebre ominide il cui scheletro, mancante però dei piedi, fu rinvenuto nel 1974 in Etioptia.

E’ scavando tra le sabbie di Hadar che gli antropologi hanno rinvenuto il quarto metatarso di un piede ad arco, conformazione ossea tipica dei bipedi ed essenziale per il mantenimento della posizione eretta. L’osso appartiene ad un australopiteco e sposta tra i 3,7 e i 2,9 milioni di anni fa il momento in cui i nostri avi si eressero a guardare il cielo.

La differenza tra il piede di un bipede e quello di un quadrupede negli ominidi risiede nella forma del piede, poiché i quadrupedi presentano un palmo piatto ed un alluce prolungato, ideale per afferrare i rami nella vita sugli alberi. Il piede di un bipede ha invece una caratteristica forma a molla, che risponde meglio alla sollecitazione rigida del terreno e permette quindi di mantenere l’equilibrio e la posizione eretta.

La scoperta è stata pubblicata su Science dai paleontologi ed esperti di anatomia umana delle università dell’Arizona e del Missouri, che nel sito di Hadar negli ultimi 15 anni hanno concentrato le proprie ricerche individuando 250 frammenti appartenenti a 17 indibidui differenti, ritrovamenti che hanno permesso di ribattezzare il luogo come ‘sito della famiglia’.

L’osso rappresenta una conferma di un singolare reperto rinvenuto a Laetoli, in Tanzania, dove un impronta indicava la presenza di un ominide dal piede arcuato e dalla posizione eretta, ma la datazione a 3,7 milioni di anni fa, di molto precedente la comparsa dell’Homo erectus nella scala evolutiva, aveva lasciato nel dubbio molti scienziati.

Donald Johanson, coautore dell’unicerca dell’Istituto delle origine umane della Arizona State University ha dichiarato che “la scoperta riporta la primavera indietro ai passi degli afarensis”, mentre Carol Ward, esperta di anatomia dell’università del Missouri, ha spiegato che “sapere he Lucy e i suoi parenti avevano i piedi arcuati è un piccolo tassello, ma ci offre moltissime informazioni su dove questi antenati vivevano, cosa mangiavano, come evitavano i predatori. Lo sviluppo di questa forma del metatarso è stato un cambiamento fondamentale e dimostra che gli afarensis avevano definitivamente abbandonato la vita sugli alberi”.

Non tutti però tendono ad imputare ai parenti di Lucy l’importante ‘passo’: Will Harcourt-Smith del Museo Americano di Storia Naturale di New York sostiene infatti che il piede degli afarensis, benché arcuato, potesse mancare della forma a bombatura, necessaria alla camminata eretta, e che dita e piede erano fin troppo arcuati per indicare un totale abbandono della vita sugli alberi e della quadrupedia.

Favorevole alle conclusioni della scoperta è invece Jeremy Desilva, paleoantropologo dell’università di Boston, che ritiene che gli afarensis spendessero la maggior parte del tempo sulla terra come bipedi rispetto al tempo passato sugli alberi. Una cosa però è certa, il mistero dell’impronta di Laetoli che a lungo ha incuriosito i paleoantropologi ora è risolto: l’impronta per forma e datazione non può non appartenere agli afarensis, che diverranno gli ominidi del ‘piccolo passo per l’uomo, grande passo per l’umanità’.