Sciopero generale. Da Ramses III a oggi i lavoratori rivendicano i propri diritti

Pubblicato il 5 Maggio 2011 - 11:42| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Le notizie sono discordanti ma il primo sciopero della storia sembra risalire al 1150 a.C. ai tempi di Ramses III. A quel tempo la paga consisteva in derrate alimentari: grano, pesci, legumi. Ma quando il 18° giorno del mese le razioni non erano ancora arrivate gli operai incrociarono le braccia e per alcuni giorni rimasero fermi. I libri di storia non raccontano di ritorsioni sanguinarie da parte dei funzionari del faraone. Al contrario sembrerebbe che da allora furono creati nuovi organi di controllo per garantire la paga degli operai e per la prima volta, ad alcuni di loro fu affidato l’incarico di controllare e distribuire le razioni… Piccoli “Soviet” crescevano già nelle piramidi, sogghignerebbe qualche ultraliberista.

Cosa è cambiato dopo oltre 3mila anni? Il principio di sfruttamento è praticamente lo stesso di sempre: un padrone, o per essere più moderni chiamiamolo imprenditore offre un impiego. L’operaio svolge le sue mansioni ma poi capita che viene pagato in ritardo, o gli trattengono dei soldi, o le condizioni di sicurezza sono precarie e ci rischia la pelle, o lo minacciano di licenziamento se protesta. E così il lavoratore ne discute con i compagni di lavoro e insieme decidono di fermare le macchine e di rivendicare ciò che spetta loro di diritto.

Quando oggi si proclama lo sciopero generale e si scende in piazza lo si fa sempre per le stesse identiche motivazioni. Oggi come allora, c’è chi considera gli esseri umani come strumenti per accrescere un profitto personale, le proprie proprietà immobiliari, siano esse piramidi o ville sfarzose. Oggi come allora si manifesta contro l’impoverimento del Paese, per sconfiggere la piaga del lavoro nero, o per contrastare una pressione fiscale troppo alta (già nel regno di Ramses IV, c’erano agenti del Tesoro incaricati di tassare, pesantemente, le terre coltivabili).

Redistribuzione ed eguaglianza sono battaglie che si combattono da millenni. La schiavitù tradizionale, da tempo superata è stata soppiantata da forme di oppressione più moderne. Ma i lavoratori continuano a subire l’abbassamento delle tutele e la cancellazione dei diritti.

Venerdì 6 maggio è sciopero generale. I sindacati brandiranno i loro slogan e i parlamentari progressisti torneranno a presentare le loro interrogazioni per il miglioramento delle condizioni di lavoro. Ma è di una vera e propria rivoluzione popolare che abbiamo bisogno. Senza versamenti di sangue ma con “spargimenti di coscienza”. “L’emancipazione dei lavoratori – scriveva quel Karl Marx nato il 5 maggio di quasi due secoli fa – sarà opera dei lavoratori stessi o non sarà”.