Armando Cossutta: Bersani e Bassolino a camera ardente FOTO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Dicembre 2015 - 15:08| Aggiornato il 18 Dicembre 2015 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Abbiamo affrontato tante prove complesse, il movimento studentesco, l’Autunno caldo, la morte di Togliatti, l’invasione della Cecoslovacchia e il dissenso del Pci rispetto a quell’invasione”. Giorgio Napolitano, lasciando la camera ardente di Armando Cossutta allestita nella Sala intitolata ai caduti di Nassirya a palazzo Madama, ricorda l’ex compagno di partito morto lo scorso 14 dicembre. “Venivano avanti generazioni nuove e noi eravamo parte di quella nuova generazione”, aggiunge il presidente emerito della Repubblica. Napolitano è uno dei molti esponenti politici che  hanno dato l’ultimo saluto all’ex dirigente comunista.

Fra loro il presidente del Senato Pietro Grasso, la vicepresidente Valeria Fedeli, il ministro Dario Franceschini, il sottosegretario Claudio De Vincenti, il segretario generale di palazzo Chigi Paolo Aquilanti, Antonio Bassolino, Pier Luigi Bersani, Anna Finocchiaro, il leghista Roberto Calderoli, l’architetto Massimiliano Fuksas, l’ex giornalista ed ex eurodeputato Lucio Manisco. Ad accoglierli i familiari di Cossutta. Nella sala dove è esposto il feretro, scortata da due corazzieri, l’omaggio floreale del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Fra le tante corone di fiori esposte nell’anticamera, una della Repubblica del Nicaragua, una di Marco Pannella e dei “compagni del partito radicale” ed una del “collettivo del manifesto”.

Cossutta è stato il più filosovietico dei comunisti italiani, fondatore di Rifondazione comunista dopo la trasformazione del Pci e poi del partito dei comunisti italiani. Del Pci Cossutta è stato una delle colonne negli anni in cui il rapporto con Mosca era più forte. Si era iscritto al partito nel 1943 ed aveva partecipato alla resistenza nelle brigate Garibaldi. Nel dopoguerra divenne dirigente del partito. Fu segretario del Pci milanese e lombardo, per entrare poi in Parlamento nel 1972, restandovi fino al 2006. Filosovietico per antonomasia, nel 1981 si oppose strenuamente alla linea revisionista del segretario Berlinguer, il quale aveva affermato che la “spinta propulsiva” della Rivoluzione d’Ottobre si era esaurita, tentando di sganciare il PCI dai suoi rapporti storici con i regimi comunisti del blocco sovietico (foto LaPresse):