Phnom Penh, Palazzo Bianco: da simbolo modernità a slum city

di redazione Blitz
Pubblicato il 8 Aprile 2016 - 07:08 OLTRE 6 MESI FA

PHNOM PENH – Il Palazzo Bianco si trova nei bassifondi di Phnom Penh, in Cambogia, ed un tempo era considerato l’apice della modernità. Era il primo grande complesso per residenti di basso e medio ceto, da funzionari pubblici ad artisti, ma oggi è uno degli ultimi monumenti della città alla povertà urbana.

Si dice che 50 famiglie abbiano abbandonato l’edificio quando è apparsa l’enorme crepa in mezzo alla tromba delle scale. Alcuni sono stati comprati, altri se ne sono andati spontaneamente, terrorizzati che il loro angusto appartamento venisse inghiottito dalla polvere.

E’ andata via anche la maggior parte degli impiegati statali, mentre gli artisti sono rimasti, così come famiglie, suore, imprenditori e personaggi meno salubri. Le pareti bianche brillano nelle foto in bianco e nero scattate nel 1963, quando venne completata la costruzione. Unico indizio del nome dato a quell’ormai sporco, fatiscente edificio.

Gli altri palazzi hanno un carattere proprio – molti sono “più scuri” di altri e ospitano spacciatori, eroinomani e prostitute – ma camminando lungo i corridoi sono uno spazio unito e offrono una gradita tregua dal caldo e dall’umidità all’esterno. “I corridoi sono l’unico posto dove ci si può rilassare” ha detto il fotografo Tariq Zaid al Mailonline, “quindi tutti si integrano e socializzano qui”.

Tariq ha passato 3 giorni a documentare la comunità, che è sia unica che tragicamente onnipresente nelle città dove i residenti poveri vengono sempre più esclusi nei loro quartieri dall’urbanizzazione e dagli investimenti esteri.

I residenti dicono che la crepa è stata causata dai lavori di scavo nelle vicinanze per la costruzione di un hotel a 11 piani. I costruttori hanno rilevato gli spazi delle famiglie che volevano restare nonostante i problemi di sicurezza con poco più di quello che guadagno in un anno: circa 1500 dollari. Per chi resta, il futuro è altrettanto incerto.

Ai residenti sono già stati notificati due ordini di sfratto e mentre il primo è stato immediatamente abrogato, il secondo sembra essersi bloccato. A prima vista il ghetto sembra lugubre, ma i residenti insistono che non vogliono lasciare le loro case e la comunità che si è ormai sviluppata. Per questo e anche per il fatto che per loro sarebbe troppo costoso o comunque impraticabile spostarsi altrove. 600 famiglie vivono in questi bassifondi e stanno lottando affinché tutto ciò non venga demolito, consci che le loro case sono un pugno nell’occhio nazionale.

Le ONG persuadono gli artisti ad andare e pitturare dei murales sulle scale, organizzano classi per i bambini e chi ha un business apre un negozio dove può. Il parrucchiere locale è un centro vivace, pieno di mamme che si preparano per matrimoni, feste, ragazze che spettegolano e prostitute che si preparano per la notte. In un altro appartamento, una sarta fiera mostra come è riuscita a ricavare il suo studio e il suo negozio con poco spazio.

Intanto, il panorama di Phnom Penh continua a trasformarsi. Quando la torre di 29 piani Canadia venne completata nel 2010, era il primo grattacielo della Cambogia. Ora ci sono più di 30 grattacieli in varie fasi di costruzione nel centro della città, mentre un costruttore locale è in trattativa con una società cinese per costruire un mega grattacielo a torri gemelle alto 500 metri, al costo di 3 miliardi di dollari – circa un quinto del PIL del Paese.