Paolo Guzzanti: cos’è un ricco per i calvinisti, cos’è un povero per i cattolici

Pubblicato il 5 Novembre 2012 - 08:45 OLTRE 6 MESI FA

Cominciai a trattare la questione della nascita della borghesia moderna come un caso poliziesco, una storia tutto sommato ancora da indagare. Intanto, mi resi conto che in Italia pochissimi hanno una vaga idea della differenza, dal punto di vista della vita civile, fra un Paese cattolico come l’Italia e uno protestante come l’Olanda o la Francia ugonotta, o l’Inghilterra. […]  Divorai il famoso saggio di Max Weber L’Etica protestante e lo spirito del capitalismo, che del calvinismo ha illuminato le conseguenze economiche.

Iddio ha già deciso nella sua onniscienza chi salverà e chi no. Ha un suo criterio e noi non c’entriamo. Siamo predestinati, alla salvezza o alla dannazione. Ma se è vero che non sappiamo quale sorte ci è riservata, è anche vero che abbiamo un modo per scoprirlo. Questo modo riguarda la ricchezza. Dio manda un segnale a coloro che saranno salvi distinguendoli dai futuri dannati attraverso il denaro onestamente guadagnato. Chi diventa ricco grazie alla sua operosità, nel pieno rispetto di tutte le leggi e dei comandamenti morali e religiosi, avrà la prova di essere nato con il passaporto in tasca per il paradiso.

Se sono ricco, è perché Dio mi ama. Se sono povero, straccione, sventurato e vivo di stenti, è meglio che mi prepari ad affrontare l’eternità fra le fiamme. Le conseguenze sociali e politiche furono immediate fra i riformati calvinisti che si dettero al commercio, alle arti e professioni liberali, armarono vascelli, aprirono cantieri e mercati, facendo quattrini a palate e dimostrando a se stessi di avere l’eterno futuro assicurato.

Una delle conseguenze che in Italia sembra impensabile e malvagia, è che i poveri non vengono più visti come persone meritevoli di aiuto e di comprensione, i buoni per eccellenza, ma come individui chiamati a rispondere: per quale motivo sei povero? Perché non trovi lavoro? Che cosa c’è in te che non va? Nei Paesi cattolici il denaro resta ancora lo sterco del demonio. In quelli protestanti è una forma della presenza divina. In Italia chiunque sia ricco, onestamente ricco, è considerato comunque moralmente inferiore rispetto a chi vive nell’indigenza.

Paolo Guzzanti, Senza più sognare il padre – Romanzo di una vita, Aliberti editore