Psicologia, come capire quando “l’orco” c’è ma non si vede

Pubblicato il 21 Aprile 2010 - 22:31| Aggiornato il 22 Aprile 2010 OLTRE 6 MESI FA

Isolamento, riproduzione di comportamenti sessuali che non corrispondono all’eta’, aggressivita’, problemi scolastici, ansia, rifiuto di alcuni adulti, depressione, senso di colpa, timori, panico e paura, conflitti familiari. Sono alcuni dei comportamenti in bambini e adolescenti che non devono essere in alcun modo sottovalutati perche’ potrebbero nascondere atti di violenza sessuale da parte di pedofili. Ne parla la dottoressa Elena Sorrento, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa.

 ”Secondo le statistiche, circa il 30 per cento delle donne e il 15 per cento degli uomini – afferma la psicologa che collabora con il Policlinico Gemelli di Roma – hanno subito nella loro infanzia varie forme di abusi sessuali. Il pedofilo solitamente ha l’abitudine di molestare bambini in eta’ prepubere, intorno ai 15-16 anni; la scelta delle vittime non e’ casuale; il pedofilo e’ molto piu’ vicino di quanto si possa credere, puo’ essere un parente, un amico o un frequentatore della casa, cioe’ persone che godono di una grande stima da parte dei familiari della vittima”.

 ”L’abuso sessuale – aggiunge Elena Sorrento, anche responsabile del Servizio di Psicologia dei Centri Artemisia – riguarda il coinvolgimento di un minore in attivita’ sessuali non necessariamente violente ed e’ pur sempre un evento destabilizzante per una personalita’ in evoluzione. Il danno dell’abuso sessuale e’ rapportabile a quanto il fenomeno emerge: se resta nascosto, o non viene riconosciuto, se non viene attivata protezione nel contesto primario e nel contesto sociale; se l’esperienza resta non verbalizzata e non elaborata e a quanto forte e’ il legame di dipendenza fisica ed affettiva della vittima dall’abusante”.

Secondo la psicoterapeuta ”la risposta all’abuso e’ soggettiva ma sembra accertato che questa sia comunque condizionata da alcuni importanti fattori come: l’eta’ al momento dell’abuso, la durata, la presenza o meno di penetrazione, l’uso esplicito di violenza, caratteristiche di personalita’ della persona, la presenza al momento dell’abuso di determinati problematiche psicologiche, la possibilita’ di condividere l’accaduto con qualcuno, il sostegno emotivo ricevuto in seguito, ulteriori esperienze che possono peggiorare la situazione o, al contrario, aiutare a superare gradualmente l’accaduto”.

 ”Il dialogo genitori-figli – conclude – rappresenta lo strumento privilegiato per la prevenzione e per il controllo di eventuali fenomeni spiacevoli come quelli della violenza sessuali nei minori. La capacita’ di dialogare va costruita quotidianamente su eventi di coinvolgimento emotivo differente e solo con queste premesse sara’ possibile affrontare anche temi delicati, dolorosi che richiedono coraggio e fiducia reciproca”.