Versailles intima, amori, intrighi, veleni alla corte del Re Sole Luigi XIV nelle memorie di Saint Simon

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 27 Luglio 2016 - 07:17 OLTRE 6 MESI FA

Versailles intima, amori, intrighi, veleni alla corte del Re Sole Luigi XIV nelle memorie di Saint Simon

Versailles intima, amori, intrighi, veleni alla corte del Re Sole Luigi XIV nelle memorie di Saint Simon

Luigi XIV incarnò, come nessun altro prima di lui, lo splendore europeo in un’epoca decisiva della storia continentale. Alla sua morte (1settembre 1715) le monarchie che per amore o per forza gli riconoscevano il primato persero definitivamente un saldo punto di riferimento. Si trincerarono nell’assolutismo più ottuso pur di sopravvivere, dimenticando che se il dispotismo del Borbone era stato interpretato alla luce della moderazione consigliata dalla ragione, tanto da far dire a Voltaire che il sovrano esercitò un “potere illuminato”, non poteva alla lunga essere accettato un potere dinastico accentratore. E si vide, infatti, come andò a finire.

Certo, Luigi XIV non avrebbe potuto immaginare che dopo di lui sarebbe davvero venuto il diluvio. L’Europa, quasi senza accorgersene, venne dilaniata da monarchie litigiose che neppure ritenevano la loro legittimità derivante da Dio, figurarsi se poteva innestarsi su un’idea di ragione che prese a circolare ben oltre le cerchie intellettuali. La prova la diede proprio il Re Sole, simbolo scelto da Luigi XIV per dare di se stesso e del suo regno un’immagine di potenza, eleganza e raffinatezza, considerandosi ad un tempo “luogotenente di Dio in terra”, ma anche incarnazione dello Stato da governare.

Il despota si manifestò alla morte del suo primo ministro, il cardinale Mazzarino, avvenuta nel 1661, vale a dire diciotto anni dopo la sua ascesa al trono, all’età di cinque anni quando cominciò ad imparare sotto l’ala protettrice di sua madre, Anna d’Austria, reggente per molto tempo, la difficile arte di governare. Quando Mazzarino non fu più accanto a lui, Luigi XIV esercitò un potere personale ed assoluto senza avvalersi di nessun consigliere “costituzionale”, men che meno nominando un altro primo ministro del quale non sapeva che farsene. Lo Stato era lui; la Francia era lui; e tentò di diventare anche il “re dell’Europa” sfiorando il sogno con  tante guerre ed una politica di alleanze dinastiche e matrimoniali ora redditizia, ora fallace. Ma certamente le arti e la cultura che incrementò fecero di Parigi la capitale del mondo. Se fu protettore di Molière e di Racine, non poteva che avere una visione della bellezza coincidente con la grandezza della sua monarchia e la sua corte aveva uno splendore antico capace di influenzare mode e costumi.

Dunque, abolizione della figura del primo ministro, abrogazione della suddivisione dei poteri, diffidenza per la cerchia di “suggeritori” troppo ambiziosi: prima di lui c’era Dio; accanto il vuoto e sotto soltanto sudditi che non avevano la legittimità per pretendere di giudicarlo ed orientarlo. Se questo fu Luigi XIV, non si può dire che i fatti non gli abbiano dato ragione. Il suo saggio governo, come per trecento anni è stato riconosciuto perfino dai più tenaci avversari dell’assolutismo, garantiva l’espansione e l’autorevolezza di una nazione unita, florida, ambiziosa. Pur tuttavia una serie ininterrotta di guerre, che ebbe l’effetto di dissanguare la Francia e favorire la coalizione contro di lui delle maggiori potenze europee, oscurò in parte i buoni risultati ottenuti avviando, sia pur impercettibilmente, al declino una storia che sembrava non avere fine. Dopo cinquantaquattro anni di regno effettivo (dei quali ventinove trascorsi in guerra), sostenuto da uomini come Colbert che innovò le finanze fino a farne un modello da esportazione, di Luigi XIV rimase un’inimitabile arte di contemperare le ragioni del trono con quelle della Francia. Della potenza della nazione ne avrebbero beneficiato tutti, soprattutto le classi più povere. E ciò gli è stato riconosciuto anche da chi non lo ha amato, a cominciare dal duca Louis de Saint-Simon, autore delle celebri Memorie, una parte delle quali sono state  pubblicate in Italia sotto il titolo “Il Re Sole” da Castelvecchi.

In questo libro l’autore fa risaltare gli aspetti intimi più che quelli pubblici di Luigi XIV, tramandandoci un personaggio attraversato da luci, ombre, contraddizioni e segnato dal perseguimento di una volontà di potenza ovunque si manifestasse l’esigenza di esprimerla. “Provò l’amore, intuì che l’ozio era nemico della gloria, tentò qualche debole colpo di mano ora in una direzione, ora in un’altra, si rese conto di aver acquistato maggiore libertà con la morte di Mazzarino, pur non avendo avuto abbastanza forza per liberarsene prima”, scrisse Saint-Simon che fu membro del consiglio di reggenza di Filippo II d’Orleans dopo la morte di Luigi XIV.

Il secolo che si apriva con la fine del Re Sole si sarebbe chiuso con l’avvento di un altro monarca la cui stella rifulse fino ad Austerliz. Napoleone Bonaparte fu assolutista come il Borbone, ne ripeteva la grandezza, ma i tempi erano maturi per l’affermarsi di altri ideali incompatibili con il primato del Trono e dell’Altare. L’epoca di Luigi XIV schiude quella di Bonaparte e prefigura un’Europa i cui destini sarebbero stati convulsi e drammatici.    

LOUIS DE SAINT-SIMON, Il Re Sole, Castelvecchi, pp.187, 17,50 euro