Osama bin Laden, in un libro le ultime ore di vita della mente dell’11 settembre

di Redazione blitz
Pubblicato il 25 Maggio 2017 - 07:50 OLTRE 6 MESI FA
Osama bin Laden, in un libro le ultime ore di vita del terrorista dell'11 settembre

Osama bin Laden, in un libro le ultime ore di vita del terrorista dell’11 settembre

ROMA – Raccolti in un libro i ricordi di Amal bin Laden, quarta moglie di Osama, in cui per la prima volta ha parlato dell‘attentato dell’11 settembre e della morte del terrorista di al-Qaeda, ucciso in un raid notturno dalle forze speciali della Marina statunitense.

Amal bin Laden, la quarta e più giovane moglie di Osama, lo “sceicco del terrore” in cima alla lista USA dei più ricercati per oltre un decennio, ha raccontato della notte in cui è stato ucciso, il 2 maggio 2011, in un compound ad Abbottabad, in Pakistan.

Cathy Scott-Clarke e Adrian Levy hanno raccolto i ricordi della donna in un libro “The exile: the flight of Osama bin Laden” (L’esilio: la fuga di Osama bin Laden) di cui il Sunday Times UK, ha pubblicato uno stralcio.

Insieme ad Amal e ai suoi 6 figli, in casa vivevano la seconda moglie Khairiah e la terza, Seham, con il figlio Khalid, 22 anni. La prima moglie Najwa lo aveva sposato da adolescente e avevano avuto 11 figli ma lo aveva lasciato 2 giorni prima degli attacchi terroristici dell’11 settembre. Il 1 maggio 2011, dopo aver cenato e pregato, bin Laden andò a dormire e Amal era accanto a lui. All’esterno, le strade erano buie a causa di una carenza di elettricità, fatto abbastanza frequente nella zona ma, verso mezzanotte, la donna si svegliò turbata. Sentì un rumore, dei colpi e credette di vedere delle ombre che si muovevano dietro la finestra. Bin Laden si alzò, guardandosi intorno spaventato:”Gli americani stanno arrivando”, disse, ansimando. Poi ci fu un boato che scosse la casa.
Si strinsero l’uno all’altro e strisciarono verso il balcone. “Era una notte buia, senza la luce della luna, non si vedeva niente”, afferma Amal.

Sul prato, nascosti, c’erano due elicotteri Black Hawks e 24 Navy Seal, si muovevano furtivamente per raggiungere il compound. Dal balcone del secondo piano, Seham e Khalid potevano vedere gli americani che si avvicinavano.
Bin Laden ha chiamato suo figlio affinché lo raggiungesse e, ancora in pigiama, Khalid ha afferrato un AK-47, che Amal sapeva di non aver più usato da quando aveva 13 anni.

Amal e Seham confortavano i bambini che piangevano spaventati, tutti corsero verso l’ultimo piano; poi, mentre i Navy Seals superavano il cancello e raggiungevano la casa, ci fu un’esplosione. “Vogliono me, non voi” disse bin Laden e obbligò la famiglia a scendere. Ma le figlie più grandi, Miriam e Sumaiya si nascosero sul balcone del secondo piano e a scendere furono solo Seham e il figlio Khalid. Amal, bin Laden e il figlio Hussein, rimasero nella camera e pregavano. La donna ha riferito di aver capito che qualcuno della loro cerchia li aveva traditi.

Al piano superiore, Amal, Osama e il loro giovane figlio Hussein rimasero in camera e pregavano. I Seals a quel punto erano in corridoio e sfondavano una porta bloccata per poi dirigersi al piano superiore; Sumaiya e Miriam si precipitarono contro i Navy Seal, ma furono sbattute contro un muro da un uomo che parlava arabo.
Robert O’Neill passò davanti a loro e entrò nella stanza: Amal era di fronte al marito, andò verso il Seal e mentre gli altri entravano, fu colpita a una gamba da una pallottola.

Amal, stando al suo racconto, avvertiva un dolore lancinante, cadde sul letto e svenne. O’Neill, sparò per primo a Osama, in seguito descriverà il momento, pensando che “lo sceicco del terrore” stesse morendo. I Seals sparavano colpi verso Osama e nel frattempo Amal si riprese, chiuse gli occhi e rallentò il respiro.

Il piccolo Hussein, che aveva assistito a tutto, è stato afferrato da un Seal e, sempre secondo Amal, gli è stata buttata in faccia dell’acqua. Amal, quando i Seals presero Miriam e Sumaya chiedendo di identificare il corpo di Osama, rimase immobile. Miriam disse un nome falso, ma Sumaiya replicò: “Di’ la verità, non sono pakistani”.  “E’ mio padre, è Osama bin Laden”, affermò a quel punto la giovane. Safiyah, all’epoca 11enne, quando fu afferrato da un Seal chiedendo che indentificasse l’uomo, scoppiò in un pianto dirotto e confermò che era suo padre.

Le forze speciali USA, successivamente, trascinarono il corpo di bin Laden al piano sottostante, racconta Amal, e la sua testa sbatteva sulle scale; la salma del terrorista fu caricata su un elicottero. Il corpo, le cui foto non furono mai rese pubbliche, fu poi caricato a bordo della portaerei Carl Vinson e gettato al largo del mar Arabico.