Andrea Camporese, ex presidente Inpgi, assolto perché corruzione e truffa non sussistono

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Giugno 2017 - 17:39 OLTRE 6 MESI FA
Andrea Camporese, ex presidente Inpgi, assolto perché corruzione e truffa non sussistono

Andrea Camporese, ex presidente Inpgi, assolto perché corruzione e truffa non sussistono

ROMA – Andrea Camporese, ex presidente dell’ Inpgi, la cassa previdenziale dei giornalisti, è stato assolto con formula piena, “perché il fatto non sussiste”, dalle accuse di corruzione e truffa nel processo milanese con al centro la finanziaria Sopaf. La Procura della Repubblica aveva chiesto per lui una condanna a 4 anni e mezzo. Il Tribunale ha invece condannato, in particolare per alcuni episodi di bancarotta, 6 imputati, tra cui Giorgio Magnoni, che era a capo della società, a 8 anni di reclusione. Assolti altri 4 imputati.

Dopo la sentenza, Camporese ha diffuso una nota dal tono un po’ cupo e minaccioso:

“Sono ovviamente soddisfatto, dopo un lungo e dolorosissimo processo, del fatto che il tribunale abbia riconosciuto che ho sempre agito nell’interesse dell’ente che ho presieduto per otto anni. Oggi il pensiero va a quella minoranza di giornalisti che ha voluto violentemente strumentalizzare la vicenda, tentando di usarla in piena campagna elettorale, descrivendomi come un viaggiatore a spese altrui e una sorta di diavolo. Questi signori, con i quali presto ci confronteremo per stabilire altre verità, hanno approfittato del fatto che non avevo accesso agli atti, come prevede il Codice, realizzando incedibili copia-incolla, salti temporali di anni, valutazioni tecniche completamente errate e insinuazioni di ogni genere.

“Mi spiace per loro e per l’Inpgi, ingiustamente infangato e accusato di ogni nefandezza, mentre oggi rinnovo la mia stima e riconoscenza per il lavoro svolto dalla presidenza, alla direzione generale fino all’ultimo dei dipendenti. Infine un ringraziamento commosso alle tantissime persone, dentro la professione e nelle massime istituzioni del Paese, che mi hanno manifestato rispetto e, in molti casi, affetto”.

Solidali con Camporese,  il segretario generale e il presidente della Fnsi (sindacato unitario dei giornalisti, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, hanno subito dichiarato:

“L’assoluzione con formula piena “perché il fatto non sussiste” di Andrea Camporese, nell’ambito del processo Sopaf, rappresenta la logica conclusione di una vicenda che in tanti, nella categoria, hanno creduto di poter strumentalizzare al solo fine di screditare l’Inpgi e gli altri enti dei giornalisti.
“In questo momento,  un pensiero affettuoso e un abbraccio vanno ad Andrea Camporese, che ha guidato l’Inpgi per otto anni con rigore, competenza e onestà, subendo in silenzio calunnie, attacchi e insulti. Ci chiediamo se gli orchestratori della macchina del fango avranno adesso il coraggio di chiedere scusa. Quel che è certo è che i teoremi e le quotidiane congetture di chi, in evidente malafede e per finalità che nulla hanno a che vedere con la salvaguardia dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, si erge a censore della categoria hanno trovato oggi una sonora smentita e subito una battuta d’arresto da parte della giustizia italiana, alla quale Andrea Camporese non si è mai sottratto”.

Resta, per il caso di Camporese come più in generale nel sistema di potere in Italua, il contrasto fra gli aspetti giudiziari di un comportamento e quelli etici, che un sentenza non può risolvere. Inoltre colpisce il fatto che i giornalisti, giustamente pronti a chiedere dimissioni in casi analoghi, non abbiano seguito la regola nel caso di un collega o che Camporese, facendoci rimpiangere Andreotti, non si sia dimesso, prefefendo seguire la scuola di Berlusconi e Beppe Grillo.

Camporese, difeso dal legale Ciro Pellegrino, veniva contestata, in particolare, l’accusa di truffa in relazione all’operazione di acquisto da parte dell’ente che presiedeva di quote del Fondo immobili pubblici (Fip) attraverso il quale, secondo la Procura, avrebbe consentito a Sopaf “di realizzare una plusvalenza” di 7,6 milioni – cifra ritenuta, sempre dalla Procura, equivalente all’ammontare del danno per l’Inpgi – tramite la controllata di Sopaf Adenium, guidata da Andrea Toschi. Ed era accusato, poi, di corruzione perché Toschi, stando all’imputazione, gli avrebbe trasferito “risorse finanziarie” per “almeno 200 mila euro”.

Le ipotesi d’accusa, tuttavia, non hanno trovato riscontro presso i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Milano (presidente del collegio Flores Tanga) che ha assolto l’ex presidente della cassa dei giornalisti da tutte e due le imputazioni “perché il fatto non sussiste”.

Nell’arringa difensiva l’avvocato Pellegrino aveva sottolineato, tra le altre cose, come nelle sue condotte Camporese abbia “sempre curato gli interessi” dell’ente previdenziale e che l’investimento sulle quote del Fip “è stato il migliore investimento per l’ente dal punto di vista patrimoniale, che ha fatto maturare un grande profitto”. Aveva evidenziato, inoltre, che non c’era stata alcuna corruzione nei suoi rapporti con Toschi.

Il Tribunale, accogliendo altre imputazioni formulate dal pm Gaetano Ruta, ha condannato i fratelli Giorgio e Aldo Magnoni per il crac della Sopaf rispettivamente a 8 anni di carcere e a 2 anni (pena sospesa). Per loro come per altri imputati, però, è caduta l’accusa di associazione a delinquere, assieme ad altri reati. A 5 anni è stato condannato Andrea Toschi, a 4 anni Alberto Ciaperoni, ex direttore finanziario di Adenium, a 6 anni Gianluca Selvi, ai tempi presidente della cooperativa Confidi-Prof, e a 3 anni e 6 mesi Fabrizio Carracoi. Assolti, invece, oltre a Camporese, Aimone Beretta, William Zappaterra (per entrambi l’assoluzione era stata chiesta dal pm), Gianfranco Paparella e Andrea Magnoni. I giudici hanno anche disposto a carico di alcuni imputati confische per diversi milioni di euro e hanno condannato Giorgio Magnoni a versare una provvisionale di risarcimento di 7 milioni a favore della curatela di Sopaf. Disposte altre due provvisionali per 10 milioni di euro a favore della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei ragionieri e periti commerciali, il cui ex presidente Paolo Saltarelli è stato già condannato in un altro filone dell’inchiesta.