Corte Ue condanna Turchia: perquisire giornali viola libertà di stampa

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 22 Gennaio 2016 - 09:27 OLTRE 6 MESI FA

Corte Ue condanna Turchia: perquisire giornali viola libertà di stampa

La sentenza della Corte di Strasburgo del 19 gennaio 2016


STRASBURGO – La tutela delle fonti anonime è un diritto del giornalista e parte integrante della libertà di stampa: per questo la Corte europea per i diritti umani ha condannato la Turchia. Nella sentenza datata 19 gennaio, il Paese guidato da Recep Tayyip Erdogan è stato sanzionato per un blitz delle forze di polizia che nel 2007 perquisirono la redazione del magazine Nokta, settimanale che si oppone alla leadership di Erdogan.

Un verdetto che andrebbe fatto leggere nelle Procure italiane, per evitare che quello di Antonino Monteleone di Piazzapulita (La7), non diventi un pericoloso caso di scuola per quei pm che vogliano aggirare il segreto professionale.

Non si può dire però che la sentenza di Strasburgo (qui il testo integrale), seppur importante da un punto di vista politico, contenga nella sanzione un elemento di deterrenza: la Turchia è stata sì condannata, ma la sanzione è stata fissata in soli 8.250 euro. Si tratta della metà di quanto avevano chiesto i sei giornalisti che hanno fatto ricorso: 8.250 euro – cifra pari alla somma di un mese dei loro sei stipendi all’epoca dei fatti – per danni materiali e 8.250 euro per danni morali. Sono stati riconosciuti solo i danni morali. 

Il dossier segreto e il blitz. Nokta aveva pubblicato una sorta di lista segreta in cui le autorità militari avevano diviso i giornalisti fra quelli che erano favorevoli e quelli che erano contrari alle forze armate. Lo scopo della lista era quello di invitare a determinati eventi solo i giornalisti “buoni”, escludendo i “cattivi”. La lista era stata consegnata ai giornalisti di Nokta da una fonte interna anonima.

A caccia della “spia”. Su ordine del Tribunale militare, le forze dell’ordine turche hanno perquisito la redazione di Nokta, sequestrando documenti e oltre 40 computer: non hanno solo cercato di ottenere con la forza il nome di una fonte giornalistica che avrebbe dovuto rimanere per legge segreta, ma hanno di fatto paralizzato l’attività redazionale. Un doppio attacco alla libertà di stampa contro il quale cinque giornalisti di Nokta si sono appellati alla giustizia turca, senza però ottenere nessun riconoscimento.

La questione è stata quindi sottoposta alla Corte di Strasburgo, che ha condannato la Turchia perché la perquisizione di una redazione e il sequestro di computer e documenti è una violazione della libertà di stampa ancora più grave del tentativo di ottenere dai giornalisti il nome della fonte, tutelato dal segreto professionale. Nel caso di Nokta, il fatto che le autorità militari abbiano stilato una lista di giornalisti “buoni” e “cattivi” è di indubbio interesse pubblico – ha scritto la Corte nella sentenza – quindi il diritto della collettività di conoscere la lista prevale sul segreto imposto sul dossier dalle forze armate.

Non esistono, secondo la Corte, le ragioni di sicurezza nazionale che la Turchia ha invocato per spiegare la perquisizione di Nokta, ragioni che potrebbero giustificare eccezionali e comunque temporanee limitazioni della libertà di stampa. Il blitz in redazione può invece intimorire i giornalisti e le loro fonti, e pregiudicare la futura pubblicazione di notizie sgradite alle autorità, anche se di interesse pubblico.

Per questo la Corte di Strasburgo ha condannato la Turchia per violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (scarica il testo integrale in pdf), quello che assicura il diritto alla libertà di espressione. Ai sei giornalisti di Nokta spetta un indennizzo per danni morali di 8.250 euro.