Crisi: “La spallata del Cipputi cinese”, Mario Deaglio su ‘La Stampa’

Pubblicato il 14 Giugno 2010 - 12:38 OLTRE 6 MESI FA

Dalla crisi economica mondiale non si esce con “marchingegni monetari” ma serve ridisegnare la struttura dei redditi a livello mondiale. Ne è convinto Mario Deaglio che oggi scrive un commento sulla Stampa dal titolo “La spallata del Cipputi cinese”. A riprova della tesi, Deaglio si domanda cosa accadrebbe all’economia globale se l’operaio cinese tipo iniziasse, come sta di fatto facendo, a rivendicare diritti sindacali. Un salario più alto, minori ritmi di lavoro. Insomma condizioni lavorative che si avvicinino a quelle degli omologhi occidentali.

Per Deaglio ne conseguirebbe una maggiorata instabilità dell’economia mondiale, con un conseguente aumento dell’inflazione generale.

«Come si dice Cipputi in cinese? L’operaio metalmeccanico, reso celebre dalle vignette di Francesco Tullio Altan, è in agitazione: non più nelle fabbriche dell’Italia Settentrionale, ma a Shanghai, Canton, Guangzhou e in decine di altri centri nevralgici che fanno della Cina la più dinamica economia del mondo. A differenza del Cipputi italiano che ormai ha superato la mezza età e guarda alla pensione, il Cipputi cinese è giovane, relativamente istruito, con molte ambizioni e una vita di lavoro davanti a sé. Il Cipputi italiano ha probabilmente una piccola auto, un po’ vecchiotta, che gli serve spesso per andare a lavorare e qualche volta per andare al mare, il Cipputi cinese ha un telefonino – ce ne sono in Cina circa 700 milioni – che gli serve, tra l’altro, per organizzare scioperi e manifestazioni» []