Bavaglio web senza un giudice? Emendamento Fava contro l’Europa

Pubblicato il 24 Gennaio 2012 - 09:42 OLTRE 6 MESI FA

L'autore dell'emendamento, il leghista Giovanni Fava

ROMA – E’ peggio del Sopa americano l’emendamento del deputato leghista che di fatto mette un bel bavaglio all’informazione via web. Sì, perché la proposta di legge dei repubblicani Usa dispone che debba essere almeno un giudice, anche se di una sede periferica, a disporre la chiusura di un sito che abbia violato copyright. In Italia, se la Camera approvasse il codicillo, basterebbe la denuncia di un “soggetto interessato” per imporre agli intermediari (motori di ricerca, hosting provider) la rimozione dei contenuti ritenuti illeciti.

Forse, dal leghista Fava al governo che con il ministro delle Politiche comunitarie ha avallato il documento, non si rendono conto delle dimensioni del fenomeno internet. Prima dei principi, discutibili, rivedibili, negoziabili, c’è un problema di applicabilità. Di fronte alla messe prevedibile di segnalazioni che rischiano di farli chiudere per un commento sgradito, come reagiranno i giganti del web, i vari Google, Wikipedia, Facebook, o i siti di streaming? Censureranno preventivamente i contenuti a rischio, limiteranno gli accessi, metteranno un filtro? Sia gli operatori profit che no-profit dovranno sostenere costi che scaricheranno sugli utenti?

Senza contare che la disposizione contrasta palesemente con la normativa comunitaria vigente: “Il diritto dell’Unione vieta un’ingiunzione di un giudice nazionale diretta ad imporre ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio per prevenire gli scaricamenti illegali di file” dice la legge. Al provider viene assicurata una posizione di neutralità rispetto ad eventuali dispute o contenziosi. Quello del censore non è il proprio mestiere, nemmeno un giudice glielo può cucire addosso, figuriamoci un comune cittadino. La Corte di Bruxelles, muovendo da una sentenza a favore di un sito francese, Scarlet che ospitava servizi utilizzati da alcuni utenti per scaricare con il sistema peer-to-peer, dichiarò che l’ingiunzione in oggetto (obbligare Scarlet a vigilare sui contenuti) avrebbe obbligato la Scarlet a procedere ad una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. L’ingiunzione imporrebbe dunque une sorveglianza generalizzata, incompatibile con la direttiva sul commercio elettronico. Inoltre, siffatta ingiunzione non rispetterebbe neppure i diritti fondamentali applicabili.

Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non può desumersi né da tale Carta né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto.

Intanto il fronte dei contrari si sta organizzando, dopo il blitz leghista in Commissione: senza l’eco delle proteste in America in seguito all’arresto del capo di Megaupload e le ritorsioni digitali degli hacker, il provvedimento probabilmente sarebbe passato in sordina. Questa mattina (24 gennaio) si terrà alla Camera dei deputati una conferenza stampa contro quello che viene soprannominato “il bavaglio al web”: Articolo 21, Libertiamo, Il Futurista e Agorà Digitale presenteranno le iniziative per bloccare il provvedimento. “Mentre Oltreoceano i deputati e senatori americani hanno fatto marcia indietro su due proposte “ammazza Internet” spacciate per norme che regolamentano il diritto d’autore.

Dicono Stefano Corradino, direttore di Articolo21 e Filippo Rossi direttore del Futurista. “Non è previsto nessun ricorso all’Autorità giudiziaria – aggiungono – chi se ne frega, nessuna possibilità di verificare l’effettiva illiceità di un contenuto. Ecco perché il Fava è peggiore del Sopa americano, che almeno prevede l’intervento di un’autorità competente”. Altolà anche da Vincenzo Vita (Pd) e Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, che parlano di “un colpo ferale alla libertà della rete anche in Italia”.

Contrari anche i deputati di Futuro e libertà Flavia Perina e Benedetto Della Vedova: “Se qualcuno pensa che, per contrastare la pirateria e gli atti illeciti compiuti in Rete, si debba ridurre la libertà di espressione degli utenti, non ha capito molto di Internet, né di pirateria”. Per il pd Alberto Losacco: “Bisogna bloccare a tutti costi il Sopa italiano” e si dicono dello stesso parere i colleghi democratici Silvia Velo e Sandro Gozi . Antonio Di Pietro avverte sul suo profilo Facebook: “Ancora una volta vogliono censurarci. L’emendamento leghista è un atto liberticida che va contro l’articolo 21 della Costituzione”. Per il segretario dei Radicali Italiani Mario Staderini e per Luca Nicotra di Agorà Digitale “l’approvazione dell’emendamento consentirà a multinazionali e monopolisti dell’informazione e dei contenuti italiani di mettere in piedi vere e proprie polizie del web. Una Sopa italiana che avrà l’effetto di incentivare la rimozione selvaggia dei contenuti di siti profit o no-profit”.

Controemendamenti abrogativi sono stati presentati da Fli, Pd, Italia dei Valori e Radicali. Il voto dovrebbe avvenire in settimana.